UN “TESORO” CHIAMATO CAMPO FELICE

by Amministratore
Questa volta abbiamo voluto parlare, con il nostro stile, un po’ da ricercatori  un po’ da cronisti, di Campo Felice un vero “TESORO” del territorio di Lucoli.
Tratteremo l’argomento con dei flash tematici rendendolo fruibile su questo strumento sintetico che è il Blog. La prima cosa a cui Campo Felice ci fa pensare è quella della meditazione, le montagne che circondano l’Altipiano hanno molto da insegnare, quale archetipi significativi in tutte le culture. Le montagne sono luoghi sacri e l’umanità vi ha sempre cercato guida spirituale e rinnovamento. La montagna è il simbolo dell”asse originario della Terra (Monte Meru), la sede degli dèi (Monte Olimpo), il luogo in cui il capo spirituale incontra Dio e ne riceve i Comandamenti (Monte Sinai). Le montagne comunicano un senso di sacralità e personificano timore e armonia, asprezza e maestà. Elevate sopra il resto del mondo, la loro stessa presenza attira e incombe. La loro natura è primigenia. Dura come la roccia, solida come la roccia. Le montagne sono luoghi di visioni, dove è possibile commisurare la scala panoramica del mondo naturale e la sua commistione con le fragili ma tenaci radici della vita. Nella storia e preistoria dell’umanità hanno svolto funzioni chiave. Fra i popoli tradizionali erano e sono ancora madre, padre, guardiano, protettore, alleato. Il gruppo di montagne che circondano l’Altopiano è stato un nostro riferimento “morale” dopo il sisma del 2009, davanti allo sconcerto mediatico di fatti e misfatti, di sentimenti ed azioni originati dall’umano agitarsi, le montagne erano le uniche a restare ferme. Il sole in quasi tre anni dal sisma ha compiuto il suo percorso nel cielo, i monti semplicemente sono restati fermi, anche se la luce, le ombre ed i colori sono mutati virtualmente ogni momento nella loro adamantina immobilità. Mentre la luce cambia, la notte segue il giorno e viceversa, le montagne restano immote, limitandosi ad essere loro stesse. Cosi rimangono mentre ciascuna stagione sfocia nella successiva e il tempo meteorologico varia da un momento all’altro, da un giorno all’altro. Un’immobilità che contiene tutti i cambiamenti.  Sono rimaste ferme di fronte alle problematiche della ricostruzione, ai piani di recupero, ai soldi che ci sono o non ci sono, alle regole per ricostruire che fermano o facilitano.
Campo Felice è un luogo di pace che risintonizza con la natura e con il Creato.
Ma vogliamo anche fornire qualche piccola informazione da manuale geografico.

Inquadramento Geologico Strutturale

L’altopiano di Campo Felice è collocato nell’Appennino laziale–abruzzese, che costituisce la porzione centrale della catena appenninica e si inquadra nell’ampio processo geodinamico che caratterizza il bacino del Mediterraneo. L’altopiano appenninico è caratterizzato da una intensa attività sismica sia storica che strumentale, con terremoti anche di forte intensità, e da una estensione prevalente orientata nord est – sud ovest ortogonale alla direzione dei principali sistemi di faglie sismogenetici.
Cerchiamo di approfondire (semplificando il più possibile i termini tecnici) il suo assetto geologico, strutturale e le caratteristiche sismologiche di quest’area, ponendo anche una particolare attenzione alle studio dei principali sistemi di faglie sismogenetiche.

La Piana di Campo Felice è situata in gran parte nel territorio di Lucoli e separa il gruppo del Monte Velino, a sud ovest, da quello del Monte Ocre a nord est.
La Piana, allungata in direzione nord ovest – sud est per 8 km circa, è posta a quote comprese tra 1524 e 1600 m s.l.m., ed è bordata a nord est dal M. Orsello, a nord est dal M. Cefalone ad est da M. Rotondo, a sud ovest dal rilievo del M. Puzzillo ed ad ovest dal Momte Cornacchia.
L’area posta a sud ovest dell’Aquila e compresa tra Tornimparte, il M. Ocre ed il M. Velino appartiene al margine nord-orientale della piattaforma carbonatica laziale-abruzzese, nella zona di transizione verso il bacino umbro-marchigiano.
Tutta l’area è interessata dalla tettonica distensiva giurassica, cui fanno seguito durante il Cretacico e il Paleocene nuovi movimenti verticali, ai quali sono associati gli inarcamenti a largo raggio dei blocchi di piattaforma, con emersione e deposizione di bauxiti nelle parti più interne e rilevate. 
Sistema di Faglie ed il sisma del 2009

L’orientazione delle principali faglie normali segue la direttrice appenninica, tali faglie sono responsabili dell’andamento attuale del paesaggio tipicamente costituito da horst e graben e della formazione dell’altopiano di Campo Felice, depressione di origine tettonico – carsica. Il sistema di faglie di Campo Felice–Colle Cerasitto borda l’omonima piana ed è in rapporto en-echelon destro con la faglia di Ovindoli–Pezza che ne costituisce il suo prolungamento a sud. Essa pone in contatto il bedrock carbonatico con i depositi del Pleistocene Superiore. L’attività recente è testimoniata dalla presenza di un’evidente scarpata di faglia e da una valle sospesa al footwall della faglia. Considerazioni geologiche e geomorfologiche hanno permesso la correlazione fra la valle sospesa al footwall della faglia e i depositi continentali intercettati da perforazioni effettuate all’interno della piana. Galadini [2006] individua nell’Appennino abruzzese sette tipologie di DGPV*, diverse sia per tipo che innesco, che interessano l’area. La tipologia individuata nella zona di Campo Felice-M. Cefalone e nella zona di M. Rotella, vede la presenza di due porzioni di faglia parallele presenti nel versante come responsabili dell’evoluzione del movimento gravitativo. La prima è localizzata nella porzione alta del versante, l’altra nella zona pedemontana. La faglia localizzata nella parte pedemontana è responsabile della subsidenza del bacino e causa l’incremento dello stress topografico del versante, mentre quella nella zona alta ha un ruolo passivo, coincidendo con piani di scivolamento del versante, e ne guida il movimento. La differenza fra i due tipi consiste nel fatto che, nel caso di Campo Felice, il versante taglia la faglia a valle mentre nel caso di M. Rotella la faglia è ancora collegata alle porzioni sub superficiali di faglia e disloca in tempi recenti lo scorrimento (fig. seguente).

Evidenza di una delle  Faglie di Campo Felice – foto Fabrizio Soldati


Ubicazione dei DGPV* in area abruzzese (da Galadini, 2006 modificato). MVeF
Faglia di Mt. Vettore; PF Faglia di Preci; NFS Faglia di Norcia; OF Faglia di Ocricchio;
LAGMF Faglie della Laga; CAPF Faglia di Capitignano; MMF Faglia di Mt. Marine; MPF
Faglia di Mt. Pettino; AF2 Faglia di Assergi;CIF Faglia di Campo Imperatore; MSVF Faglia
di Mt. S. Vito; MCAF Faglia di Mt. Cappucciata;MAVF Faglie della media valle
dell’Aterno; LF Faglia di Lucoli; CFF Faglia di Campo Felice; TVF Faglia della Valle del
Tevere; MF Faglia Marsicana; SBGF Faglia S. Benedetto – Gioia dei Marsi; LVF Faglia
della valle del Liri; LMF Faglia di Luco dei Marsi; VF Faglia di Vallelonga; PF Faglia di
Pescasseroli; OPF Faglia di Opi; AF Faglia di Alvagnano; OAT Thrust Olevano – Antrodoco.

In questo contesto l’attività paleosismica e sismica è associabile non tanto alle singole faglie quanto a fasce di deformazione interconnesse in una crosta molto fratturata e scollata a diversi livelli strutturali, dove le più elevate componenti di sollevamento differenziale sono localizzate lungo una fascia interposta tra i settori più interni già ampiamente assottigliati e distesi della zona peritirrenica e quelli più esterni, inspessiti ed ancora soggetti a compressione della zona periadriatica, poco o nulla raggiunti dalla distensione. I terremoti di più elevata magnitudo. Lo sciame sismico culminato con la principale scossa di terremoto del 6 Aprile 2009 nell’Abruzzo aquilano (Ml5.8; Mw6.2) è per molti versi tipico ed esemplificativo dello stile sismico in questa regione centro-Appenninica (EMERGEO Working Group, 2009). Purtroppo i dati sismici indicano che le faglie attive della Regione hanno generato nel recente passato e sono in grado di generare in futuro terremoti molto più energetici (fino a M7). L’attuale stato di conoscenze sull’evoluzione tettonica dell’Appennino in relazione ai processi geodinamici a grande scala suggerisce che la fascia di più intensa sismicità presente ed attuale si collochi in corrispondenza dei settori topograficamente più elevati della catena Appenninica, con rottura di faglie normali a penetrazione crostale di 10-15 km. Relativamente al sisma del 2009, la Faglia di Paganica è considerata da molti la principale indiziata come responsabile diretta del terremoto, sia perché lungo di essa è stata osservata fratturazione e dislocazione centimetrica associata alla scossa del 6 aprile, sia perché essa cade sul prolungamento in superficie della struttura evidenziata dai dati sismometrici e SAR, questa faglia era considerata sorgente nascosta, cioè un elemento di superficie più prossimo al prolungamento verso la superficie del piano di rottura profondo,  che negli anni passati aveva ricevuto meno attenzione da parte della comunità dei geologi del terremoto. 
Tute le informazioni geologiche sopra riportate andrebbero in futuro coniugate con nuove strategie di osservazione e di difesa dai terremoti. Ambiti disciplinari ed elaborazioni, vincoli, oggi patrimonio di settori distinti e talora non contigui, dovrebbero poter dialogare meglio, nel nome di una Geologia più moderna e maggiormente utile.

* DGPV =Deformazioni Gravitative Profonde di Versante sono state messe in evidenza già dalla prima metà del secolo scorso e individuate come movimenti di massa di grandi dimensioni che interessano principalmente lunghi pendii modellati in rocce lapidee disposte in giacitura sub-orizzontale o poco inclinata, poggianti su un sottostante livello duttile.
In parte tratto da: http://www.geoitalia.org/upload/home_page/geoitalia/n28.pdf.

Morfologia

La morfologia di quest’area risulta caratterizzata dall’alternanza di aree pianeggianti e sub-pianeggianti formate dai sedimenti lacustri e dai conoidi, zone terrazzate dovute alla presenza di terrazzi lacustri ed infine da basse colline formate dai corpi morenici. Il drenaggio della piana è di tipo endoreico, come evidenziato da Giraudi (1998) l’idrografia della piana è caratterizzata dalle presenza di tre piccoli bacini, separati tra loro da spartiacque, visibili chiaramente solo in occasione di eventi metereologici eccezionali e dalla presenza di inghiottitoi carsici che permettono, insieme alla porosità dei sedimenti che compongono la piana, il deflusso dell’acqua meteorica e di quella dovuta allo scioglimento delle nevi invernali.

Non tutti gli inghiottitoi risultano visibili, in quanto coperti dai sedimenti dei conoidi o dagli inerti scaricati durante la costruzione del parcheggio al di sotto delle sciovie di M. Rotondo. Dai lavori di Giraudi (1998, 2001) gli inghiottitoi principali risultano localizzati al margine meridionale della piana al contatto tra la base del versante carbonatico ed i depositi lacustri, nella zona del Laghetto di Campo Felice, ed in località l’Inghiottitoio.
Lago niveo foto Fabrizio Soldati
L’evoluzione geomorfologica della Piana di Campo Felice risulta influenzata da diversi agenti morfogenetici quali l’azione delle acque meteoriche, del vento, dei ghiacciai, della neve, della gravità e, recentemente, anche dell’uomo. Non tutte le forme cartografate risultano ancora attive in quanto le condizioni climatiche sono notevolmente cambiate dal Pleistocene ad oggi.
Bibliografia geografica:
Bigi S., Capotorti F., Centamore E. e Fumanti F. (1995) – Caratteri geologico – strutturali dell’area compresa tra Tornimparte ed i Monti d’Ocre (Appennino centrale, Italia). Studi Geol. Camerti, Vol. Spec. 1995/2, pp. 87-94. Bosi C. e Manfredini M. (1967) – Osservazioni geologiche sulla zona di Campo Felice. Mem. Soc. Geol. It., 6, pp. 245-267. Cassoli A., Corda L., Lodoli C., Malatesta A., Molarono M. V. e Ruggeri A. (1986) – Il glacialismo quaternario del gruppo Velino-Ocre-Sirente. Mem. Soc. Geol. It., 35, pp. 855-867, 5 ff. Castiglioni G.B. (2004) – Geomorfologia. Seconda edizione. Utet Chiocchini M., Mancinelli A. e Romano A. (1989) – The gaps in the Middle – Upper Cretaceous carbonate serirs of the Southern Appennines, Abruzzi and Campania Regions, Italy. Geobios, mem. spec. 11, pp. 133.149. Chiocchini M., Farinacei A., Mancinelli A., Molinari V. e Potetti M. (1994) – Biostratigrafia a foraminiferi, dasicladali e calpionelle delle successioni carbonatiche mesozoiche dell’Appennino centrale (Italia). Studi Geol. Camerti, Vol. Spec., 1994, “Biostratigrafia dell’Italia centrale” pp. 9-128. Colacicchi R. e Bigozzi A. (1994) – Stratigrafia ad eventi e rapporti tra piattaforme e bacini. Geologia delle aree di avampaese. Riassunti del 77° Congresso Nazionale S.G.I. Cruden D.M. & Varnes D.J. (1996) – Landslides Types and Processes. Landslides: Investigation and Mitigation. In Turner A.K. & Schuster R.L. (Eds.) Transportation Research Board Special Report 247. National Academy Press, WA, 36-75. Galandini F. e Giraudi C. (1989) – La zona di Ovindoli – Piano di Pezza. In “Elementi di tettonica Pliocenico – Quaternaria ed indizi di sismicità olocenica nell’appennino laziale – abruzzese” , Guida all’escursione, Roma 31/5 – 2/6/1989. Giraudi C. (1998) – The late Quaternari geologic evolution of Campo Felice (Abruzzo, central Italy). Giornale di Geologia, serie 3, vol. 60, pp. 67-82. Giraudi C. (2001) – Nuovi dati sull’evoluzione tardo-pleistocenica ed olocenica di Campo Felice (l’Aquila – Abruzzo). Il Quaternario, Italian Journal of Quaternari Sciences, 14(1), pp. 47-54.

La Flora
Sambucus Ebulus L. – Foto realizzata con tecnica macro da Roberto Soldati

Campo Felice  è  un paradiso botanico con tante essenze di grande interesse, molti endemismi e specie molto rare. In primavera è una distesa sterminata di ranuncoli, genziane, viole, crochi, galium, leguminose e  una marea di altre specie che creano effetti cromatici splendidi in successione nel tempo. Alcune specie presenti sul territorio sono di grande interesse botanico. Alcune di queste sono assai vulnerabili e a rischio di estinzione.
Un esemplare di orchidea Dactylorhiza Sambucina (L.) Soò – foto realizzata con tecnica macro da Roberto Soldati
Molte sono le orchidee, bellissime, che fioriscono in certe zone dell’altopiano.Quando si pensa ad una orchidea si pensa sempre a qualche cosa di esotico, invece queste sono alla portata di “occhio”. Delle circa 20.000 specie esistenti quasi tutte sono nei tropici. In Italia ce ne sono circa 120, circa 70 in Abruzzo e 39 quelle determinate a Lucoli. Molte delle orchidee terricole per germinare hanno bisogno di essere micotizzate da funghi o sono simbionti a radici. La riproduzione in vaso di questi fiori, risulta purtroppo infruttuosa e nel massimo rispetto della natura è auspicabile non recidere queste meravigliose piante. Alcune di queste specie, in primavera, riempiono a migliaia interi prati e vallate creando palcoscenici spettacolari policromatici dal giallo al porpora, rosso o rosa con molte sfumature.
In  parte tratto da: http://www.lucoli.it/floradilucoli/Giardino_Botanico.html
Il “Tesoro Campo Felice” ora si chiama anche: 
AREA OMOGENEA DELLA NEVE 
Tanti anni fa, la Piana e le sue montagne non avevano conosciuto la mano dell’uomo, non erano stati costruiti gli impianti di Campo Felice. Il monte Orsello non era sfregiato con il collegamento della Piana all’Autostrada A 24. E soprattutto non si parlava del collegamento tra Campo Felice e l’Altipiano delle Rocche attraverso la costruzione della galleria. Ora la galleria è divenuta quasi realtà. Dopo polemiche, diatribe, interventi delle associazioni ecologiste, la galleria è quasi completata. Milletrecento metri di lunghezza con accessi stradali per duemilacinquecento metri, a breve unirà, due grandi pianure: l’Altipiano delle Rocche e Campo Felice. Costo stimato: venticinque milioni di euro. Nel mese di novembre 2009, ebbe luogo la cerimonia di inizio lavori con la presenza del Presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane e dei Sindaci dell’area. «Un’opera strategica, che la Provincia dell’Aquila ha sempre supportato», venne definita allora, ancora, «la valorizzazione della stazione sciistica di questa zona, credo, che sia una delle priorità per il nostro territorio». E pensare che è stata costruita proprio sotto la faglia, ma in molti hanno detto che non sarebbe stato un problema anche con eventuali terremoti. Addio silenzio, addio aria pulita, addio distese infinite senza, macchine: addio natura integra. Dopo la Galleria si è anche pensato al potenziamento degli impianti. Ma che attività sportiva sarà quella di effettuare con gli sci qualche centinaio di metri di discesa, dopo aver atteso un tempo infinito, in fila, per prendere un impianto di risalita? Attività sportiva da programmare per un innevamento sciabile che dura all’incirca da gennaio a febbraio: due soli mesi!
Ed ancora, proprio per lo scarso “sfruttamento” dell’altipiano nell’ottica sciistica si è cominciato a pensare anche ad un turismo estivo. E’ così che è stato commissionato all’università della Sapienza di Roma il Piano di sviluppo territoriale titolato “Ricostruzione di teritori” per l’Area Omogena della Neve.
Frontespizio della pubblicazione “RICOSTRUZIONE di TERRITORI” scritto dall’Università la Sapienza di Roma, facoltà di Architettura ed i cui testi sono stati prodotti da Lucina Caravaggi e da Cristina Imbroglini.
(Edizioni Alinea Editrice–Firenze).
Tale pubblicazione, si propone di ri-disegnare lo sviluppo futuro dell’area definita “omogenea”, e riguardante i Comuni che gravitano sull’altipiano di Campo Felice, si tratta di una sorta di Piano del territorio volto al rilancio degli interessi turistici dell’area, redatto all’indomani del sisma del 2009. Tra le molte cose trattate una più delle altre ci lascia perplessi: quella enunciata nel capitolo 3°, centrato sui “Conflitti tra conservazione e trasformazione”, un incipit iniziale, stigmatizza la volontà delle Amministrazioni locali di voler superare l’annoso conflitto tra conservazione e trasformazione, tra legittime esigenze di tutela ecologica e altrettanto legittime istanze di miglioramento sociale ed economico di cui sono portavoce i Comuni. Tutto esatto se la metrica di risoluzione del conflitto sarà paritaria.
Il Piano territoriale è stato naturalmente concepito sul cardine del turismo. Cioè di un turismo mordi e fuggi che lascia poco e niente, anzi sporca, inquina, disprezza, visto che non ha il tempo di amare il luogo ove viene svolto. Mancano i soldi per ricostruire i borghi distrutti dal terremoto e per promuovere progetti e attività di servizio sostenibili, che potrebbero far soggiornare più a lungo i turisti. Attività sostenibili che andrebbero soprattutto diffuse ed incoraggiate presso gli operatori economici locali attraverso iniziative formative e di reale “accompagnamento” economico. Invece, si liberalizzano altre progettualità, spesso creative, di mero interesse privato,  perchè non vincolate da Piani di Area, studiati strategicamente a tavolino da esperti nella disciplina e dagli Amministratori locali, che immaginino in modo lungimirante il futuro dei loro territori.
Il “Tesoro” Campo Felice a nostro parere non deve essere oggetto di cupidigia degli operatori economici, e quindi non deve essere “trasformato”, appartiene alla Comunità: a tutti ricordiamo i canoni fissati dalla “Convenzione Europea del Paesaggio”, per la quale “ il territorio va rispettato per come è percepito dalle popolazioni ed il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, esso è la“componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale, nonché fondamento della loro identità”.
La nostra Associazione del territorio, ben piccola realtà, animata però da persone concrete, libere, non certo velleitarie, ma eticamente ancorate ai principi dei valori ambientali è convinta che si possa sviluppare una cultura tale che consenta di preservare il “Tesoro” Campo Felice dall’interesse speculativo degli imprenditori di turno, volti a massimizzare i guadagni ed a ridurre le azioni “mitigative” degli impatti ambientali ed anche dalla superata cultura di amministratori e politici, convinti che non si possa sviluppare se non si “costruisce” e si cementifica. Ed è per questo che non solo comunichiamo ma ci attiviamo anche su azioni concrete.
L’altopiano ed i rifiuti foto Fabrizio Soldati

L’Altopiano ed i rifiuti foto Fabrizio Soldati
Proseguendo in merito alla trattazione delle responsabilità umane a dispregio del valore ambientale dell’Altopiano, ricordiamo un fatto di cronaca, quello relativo alla discarica abusiva scoperta a ridosso della seggiovia denominata Campo Felice, sotto il pilone nr 3., nella stessa circostanza veniva individuato un altro deposito di materiale inquinante, che si è definito pericoloso per la falda acquifera. Il Sostituto Procuratore Simonetta Ciccarelli, la Polizia Forestale, i Carabinieri, i Vigili del Nucleo biologico chimico radiologico, sono intervenuti per individuare la pericolosità dei materiali sepolti e l’eventuale presenza di altri depositi. I giornali tacciono, al momento, sui risultati dell’inchiesta. E’ chiaro che la discarica è il frutto della costruzione degli impianti e della scarsa coscienza ambientale ed umana di chi li realizzò.
La parola chiave è: COSCIENZA AMBIENTALE
Vogliamo lanciare degli spunti di pensiero in questo piccolo summa “edizione blog”, relativo a Campo Felice.
L’ecologismo del Ventesimo secolo ha avuto il grosso difetto di parlare alla gente per simboli e per paure. Da un lato i simboli non consentivano di ottenere risultati concreti perché spesso, mentre si salvava un albero plurisecolare (di cui, alla stragrande maggioranza della popolazione, importava comunque poco), magari alle proprie spalle veniva distrutta una foresta amazzonica o nostrana (miopia ecologista?); dall’altro le paure avevano un’azione prettamente negativa, di veto, senza che fossero proposte valide alternative, con il risultato che una cospicua parte dell’opinione pubblica, per ragioni varie, non le prendeva assolutamente in considerazione.
Una coscienza ambientale moderna non può che passare attraverso il concetto di antropentropia, una grandezza che può misurare oggettivamente il livello di invasione della natura da parte dell’uomo. Parliamo forse da marziani?  Scopo di una moderna coscienza ambientale sarebbe quindi il controllo dell’antropentropia. Ovviamente non è pensabile che si possa affidare un controllo così importante solo al singolo individuo (che comunque deve fare la sua parte); come per la Legge e la solidarietà, debbono essere coinvolte le Istituzioni: le Amministrazioni locali, direttamente responsabilizzate sulla predisposizione di Piani di Area, il Governo Nazionale ed ogni autorità preposta, ognuno per la sua sfera di competenza dovrà farsi carico di mediare sugli egoismi individuali, cercando quell’equilibrio fra uomo e natura che offra i migliori risultati possibili.
Occorre entrare in una nuova dimensione personale e sociale dove vengano messe in discussione molte scelte che in passato erano ritenute corrette. Occorrerebbe pensare anche ad una “ecologia umana” espressione usata da Giovanni Paolo II, che ne parlò nella Centesimus annus. Non esiste solo l’ecosistema, anche l’uomo ha una sua natura ed anche i rapporti sociali, prima di tutto quelli familiari, hanno una loro natura che va rispettata. La tesi del Pontefice era, che, quando si procurano danni di natura ambientale il motivo ultimo è che si è alterato qualcosa nell’ecologia umana, nel corretto funzionamento dei rapporti sociali. Ogni ferita all’ecologia umana comporta anche un danno per l’ambiente.
Occorre puntare sui giovani del territorio che ne costituiscono il suo futuro e sviluppare in loro l’interesse verso le tematiche ecologiche: è il solo modo che abbiamo per creare una coscienza civile ed ambientale che aiuterà a salvare Lucoli, già attraverso la sensibilità e l’azione di chi lo vive. Gli strumenti per coinvolgerli sono tanti, le iniziative possibili anche. Perciò è importante informarsi, parlarne, come facciamo noi da queste pagine, e capire cosa succede, qual è la realtà, quali sono i cambiamenti, così da poter essere pronti e aperti ad una riforma etico-ambientalista della società in chiave propositiva e sensibile.
Si può anche cominciare da atti formali. Un adeguato PIANO di AREA per singolo territorio e per l’intera “Area Omogenea” volto a preservare e valorizzare, in ottica sostenibile, le risorse ambientali dell’Altipiano. Una MAPPA DEI VALORI condivisi e non solo degli interessi sfruttabili. Non si costruisce sviluppo senza regole e senza una cultura del territorio: il “Far West” di antica memoria americana ci insegna che molte risorse primarie sono state depredate ed estinte.
Tante le soluzioni per i piccoli passi che sviluppano sensibilità e fidelizzano il turista: ad esempio lo studio di una cartellonistica che illustri ai visitatori di Campo Felice l’ambiente in cui si trovano e/o che solleciti comportamenti appropriati e non devastanti. Un altro esempio: l’apposizione di un numero maggiore di cestini per i rifiuti, da mantenere poi, puliti. L’istituzionalizzazione di attività di pulizia e bonifica periodiche dell’area, anche a carattere volontario (in questo caso da intendersi non come  un surrogato di un servizio comunale doveroso); a riguardo non ringrazieremo mai abbastanza colui che lo scorso anno, di sua iniziativa, ripulì gran parte della Piana da residui ferrosi, con il solo supporto di un mezzo comunale per il trasporto degli stessi. 
Ci domandiamo come mai i Comuni dell’Area Omogenea non si attivino per ripulire “omogeneamente” l’Altopiano ciascuno per sua competenza amministrativa.
Potremmo parlare di tanto altro ancora, ma sfiniremmo il nostro lettore, se non lo abbiamo già fatto. Grazie dell’attenzione. Se fossimo riusciti a farvi immaginare e concretamente percepire, nella realtà di quanto trattato, il grande “TESORO” che costituisce l’Altopiano di Campo Felice ed a farvi sentire un poco come suoi difensori ideali, avremmo svolto un buon servizio alla Comunità.

You may also like

2 comments

Anonimo 30 Gennaio 2012 - 17:24

Perfettamente daccordo, ma credo che al momento non vi siano forse le persone giuste atte a recepire questo importante messaggio che mira ad un futuro eco sostenibile……spero vivamente che questi sassi lanciati nello stagno servano a formare la base futura affinche si possa arrivare alla comprensione di investire in maniera saggia e oculata in preziosi patrimoni come campo felice. Salvatore

Reply
amministratore 31 Gennaio 2012 - 8:22

Grazie Salvatore del contributo.
Futuro ecosostenibile è un grande concetto che non va certo calato dall'alto ma va costruito dalle basi, attraverso l'informazione, la comunicazione reciproca con gli operatori locali, la formazione e l'incentivazione. Non ci inventiamo nulla, molti territori del centro nord ed anche del sud hanno iniziato così. C'è una canzone della top ten di questi giorni che si intitola "l'amore è una cosa semplice" pensiamo che sia un concetto vero nella sua essenzialità: l'amore per un luogo va costruito con azioni semplici soprattutto nei confronti delle nuove generazioni. Perchè non indire concorsi scolastici su qualsiasi disciplina per approfondire le bellezze di quest'area? Perchè non organizzare visite guidate con animatori esperti che facciano conoscere e quindi apprezzare ciò che si ha a due passi da casa? Gli insegnanti sarebbero felici di collaborare.
Perchè non bonificare una volta l'anno in modo esaustivo e comunitario la parte rientrante nel territorio di Lucoli? Non parliamo di andare sulla luna.
I sassi lanciati, magari non solo nello stagno….,sono "pungoli" che possono smuovere anche persone poco attente.
Saluti.

Reply

Rispondi a amministratore Cancel Reply