Valorizzazione della presenza di San Franco Eremita (n.1154 o1159) nel monastero di San Giovanni Battista di Lucoli (AQ)

by Amministratore
Il giorno della festa del Santo patrono di Lucoli è stato inaugurato un manufatto artistico raffigurante San  Franco Eremita donato dalla nostra Associazione all’Abbazia di San Giovanni Battista.
La formella ceramica, realizzata da un maestro maiolicaro con tecniche antiche, è stata posta in opera su di un muro laterale dell’Abbazia di San Giovanni, presso l’entrata del Chiostro.
Il progetto avviato da NoiXLucoli Onlus nel novembre del 2011, in collaborazione con l’Arcidiocesi dell’Aquila, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per l’Abruzzo e con la Soprintendenza per i beni Storico Artistici ed Etnoantropologici per l’Abruzzo, era finalizzato a conservare la memoria del Santo proprio nell’Abbazia che lo aveva ospitato per venti anni e dove non esisteva ricordo visibile della sua permanenza.
Nella formella è raffigurato il Santo con l’Abbazia sulla sinistra, circondata da boschi ed illustra il miracolo della fonte sgorgata dalla roccia. Compaiono nel decoro piante, frutti con bacche selvatiche, delle quali si cibò vivendo nei boschi e fiori, in modo particolare le rose irrorate da angeli, di lussureggiante festosità, tutto ciò alimentato dal “dono” prezioso dell’acqua. Nella realizzazione dell’opera l’autore si è liberamente ispirato ad un affresco del 1945 realizzato dal pittore messicano Fernando Leal per la Cappella del Santuario di Nostra Signora di Guadalupe a Città del Messico. Tale ispirazione è stata suggerita in omaggio al culto Mariano che viene praticato da molti fedeli presso l’Abbazia.
NoiXLucoli Onlus, in stretto raccordo con il Parroco, si è occupata della progettazione del decoro artistico curando tutti i riferimenti storico agiografici, della realizzazione del manufatto ed altresì della richiesta di tutte le autorizzazioni necessarie per la sua posa in opera presso un bene storico-architettonico soggetto al vincolo delle Soprintendenze dell’Abruzzo
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Il manufatto ceramico raffigurante San Franco l’Eremita
Il momento della benedizione e della scopertura della formella
La formella è stata collocata verso l’entrata del Chiostro ove alloggiavano i monaci
La storia di San Franco Eremita

San Franco nacque a Roio Piano (Aq) durante il pontificato di papa Adriano IV (1154-1159), da una famiglia di contadini benestanti.
Sotto la guida di un sacerdote del paese, Palmerio, fece i primi studi. Dopo aver fatto il pastorello entrò nel monastero benedettino di San Giovanni Battista di Lucoli, dove rimase per vent’anni. L’abate Lucolano l’accolse con religioso affetto e lo destinò alla prosecuzione degli studi. Infatti, lo studio e la pietà furono i primi e grandi ideali a cui consacrò tutta la forza della sua volontà, profondamente consapevole dell’alta missione di servire Dio. Erano tempi terribili per la Chiesa e per l’Italia. Erano i tempi di Federico Barbarossa. Alla morte dell’abate gli venne offerta la carica abbaziale, ma egli rifiutò per dedicarsi alla vita eremitica che lo avrebbe presto condotto alla santità. Egli aspirava alla contemplazione di Dio per mezzo della natura. Per questo, chiese ed ottenne dai suoi superiori il permesso di ritirarsi a vita eremitica in qualche zona dei monti d’Abruzzo. Il primo periodo lo passò nei boschi di Lucoli, cibandosi di miele selvatico, radici di erbe e frutti selvatici. Con l’intensificarsi dell’affluenza di pellegrini che lo visitavano lasciò quel primo rifugio e si stabilì prima in una grotta tra Pizzoli e Montereale e poi in una spelonca del monte Vasto. Da lì passò in una grotta solitaria ed inaccessibile alle falde del Gran Sasso. Qui rimase per quindici anni, fino alla fine della sua vita, vivendo in modo frugale ed in contemplazione, scendendo al vicino paese di Assergi soltanto per ricevere i sacramenti, forse nella chiesa di S. Maria in Silice. È qui che avvenne l’episodio narrato del bambino in fasce salvato dalla bocca di un lupo che lo aveva rapito e miracolosamente restituito alla madre per intercessione del Santo. Quando l’eremita, per la malferma salute, presentì prossima la sua fine, volle ricevere gli ultimi sacramenti, poi fu lasciato solo con le braccia incrociate. L’agiografia del Santo narra che la notte le campane di S. Maria in Silice suonarono da sole prima dell’ora consueta ed i galli del paese cantarono insolitamente. La popolazione si svegliò, immaginò, guardò in direzione della grotta e vide una luce: accorse e trovò l’eremita morto. Con grande venerazione le sue spoglie furono portate al paese e sepolte nella cripta della chiesa del Monastero benedettino di Assergi.
L’eremitismo è un fenomeno che riprese vigore nei secoli centrali el Medioevo, gli eremiti rappresentano una delle caratteristiche fondamentali di questo periodo.
Ciò che ha accomunato gli eremiti fu la ricerca spasmodica della povertà assoluta che costituisce l’aspetto più severo del vasto movimento pauperistico che dopo il Mille cominciò ad animare movimenti riformatori in ambienti popolari, soprattutto come contrasto ai vizi in cui sono caduti gli enti ecclesiastici in seguito al loro inserimento nell’economia curtense e nelle strutture sociali. Inizialmente solo nel monachesimo benedettino era prevista la pratica dell’ascetismo di singoli cenobiti al fine di raggiungere un elevato grado di perfezione spirituale ed individuale. Nei secoli XI e XII si provò così a realizzare una forma di vita ascetica severa, pur permanendo all’interno del cenobio. L’eremitismo solitario, e spesso indipendente da qualunque istituzione, desiderava soltanto l’esperienza mistica del colloquio con Dio e nient’altro. L’eremita voleva rimanere solo ed in costante contatto con Dio, solo nelle intemperie, solo nella fame, solonella lotta contro il demonio. Così ed in nessun altro modo poteva raggiungere la perfezione: tramite la sofferenza, tramite il martirio, quest’ultimo apice del lungo processo di perfezionamento spirituale che passa attraverso il cenobio e l’eremo. In quei tempi si produsse una completa differenziazione tra eremitismo e monachesimo. Il sostantivo eremus assunse una connotazione più precisa. La terra erma si opponeva alla terra culta o culturata: la prima era incolta, non lavorata, completamente abbandonata, addirittura inabitabile, solo successivamente il termine eremus venne utilizzato anche per i siti monastici. Gli eremiti vissuti nel XI e nel XII secolo scieglievano la vita contemplativa ma non escludevano le relazioni umane, venivano cercati e visitati dalla popolazione, infatti, appena si diffondevano le voci sui presunti o reali miracoli avvenuti per loro intercessione, inevitabilmente i pellegrini e popolani intraprendevano il tortuoso percorso per giungere alla loro presenza.
Nel segreto della propria natura l’Abruzzo custodisce quasi cento eremi, un patrimonio che caratterizza maggiormente la sua identità. Una testimonianza così imponente dell’esperienza religiosa eremitica appartiene, in Italia, soltanto all’Abruzzo. Assieme al Tibet, l’Abruzzo è una delle due zone geografiche con la più alta concentrazione al mondo di eremi, le cui origini, si perdono nella Preistoria. Tra gli eremi d’Abruzzo, quelli in cui visse San Franco sono tra i più impervi e difficili da raggiungere.

L’eremo di San Franco ad Assergi

Nel comune di Assergi, nella parte meridionale del monte Gran Sasso, si trova la cappellina dedicata a S. Franco. La cappellina, realizzata con pietra a vista, è stata edificata sopra due cabine nelle quali sgorga la Sorgente di S. Franco; essa presenta un ingresso ad arco e un sedile sulla parete destra. Sopra l’altare si trova una lapide in marmo bianco che ricorda il restauro operato nel 1945, mentre un pannello con 24 maioliche raffigura un miracolo del Santo. La leggenda vuole che S. Franco, percuotendo la roccia con il suo bastone, fece scaturire l’acqua alla quale si attribuiscono qualità taumaturgiche. Molti pellegrini, allora come oggi, si recavano a visitare questa sorgente bevendo e lavandosi con quest’acqua per ottenere la guarigione delle malattie della pelle. Proprio per sfuggire al pellegrinaggio di questi visitatori, il Santo si spostò ben presto recandosi prima a Peschioli e poi nella più impervia grotta sul Cefalone.

Assergi:  Eremo di San Franco. Foto tratta dai siti http://www.sanfranco.valleaterno.it/Storia/index.html e http://blog.abruzzoupndown.com;

L’eremo della Grotta di Peschioli

La grotta di Peschioli è forse quella più legata alla tradizione popolare, probabilmente per il fatto che è più raggiungibile di quella del Cefalone. L’accesso è difficoltoso, ma sappiamo che ciò era usuale e voluto negli habitat rupestri nei quali i passaggi erano attrezzati con strutture lignee mobili quali scale e passerelle. Anche se minimi, sono evidenti i lavori di adattamento che hanno reso più abitabile l’Eremo: due piccoli ripostigli nella parete destra, una soglia appena accennata, una parte di battente, un piccolo pianerottolo sottostante l’ingresso e scalpellature in vari punti, forse per eliminare sporgenze eccessive. Sul fondo, il pavimento presenta un piccolo incavo detto “guanciale di San Franco” ove, secondo la tradizione, il Santo poggiava il capo. Sempre secondo la tradizione usava il proprio ripostiglio per riporvi il breviario.

L’eremo di Pizzo Cefalone

In questo luogo, sotto la vetta del Cefalone (2.533 metri di altitudine), difficilmente accessibile d’estate e inaccessibile d’inverno per la presenza della neve, che San Franco trovò finalmente la pace, vi rimase finché non morì. 


Testo liberamente tratto da:

Audiovisivo didattico, San Franco, eremita del Gran Sasso (2002) realizzato dal Servizio per la ricerca, la documentazione e la produzione audiovisiva del Ministero per i Beni e delle Attività Culturali, formalmente concesso dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo alla nostra Associazione;

Materiale del Convegno: “San Franco di Assergi: storia di eremitismo e santità alle pendici del Gran Sasso” – Assergi-L’Aquila – 2 giugno, 2012 

Sito Web Santi e Beatihttp://www.santiebeati.it/dettaglio/90280;
Sito Enciclopedia Cattolicahttp://it.cathopedia.org/wiki/San_Franco_da_Assergi
Sito Regione Abruzzohttp://www.regione.abruzzo.it/xcultura/index.asp?modello=eremoAQ&servizio=xList&stileDiv=monoLeft&template=intIndex&b=menuErem2851&tom=851
Sito Abruzzo Up n’ Down: http://blog.abruzzoupndown.com;

Sito Itinerari del Gran Sassohttp://www.ilgransasso.com/itinerari.html
Altri siti:

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2 comments

Fernando Leal Audirac 26 Settembre 2012 - 15:09

Gentili Sig.ri,

ho visto e letto che mi attribuite un'opera di mio padre Fernando Leal (1896-1964) il cui titolo è "Il miracolo delle rose", appartenente al ciclo dedicato alla Vergine di Guadalupe, nella Cappella che Ella si fece erigere nel 1536. Da molti studiosi questo ciclo di sette affreschi, riguardante le miracolose apparizioni, è considerato l'insieme di pittura religiosa più importante del XX secolo al mondo. Un poco più di esattezza ci vorrebbe. L'opera in ceramica=liberamente ispirata" all'affresco di mio padre oltre ad essere un grazioso ex-voto primitivo, perde il significato fondamentale del originale, poiché gli angeli che compaiono in quello appartengono a tutte le razze: Per la prima volta erano stati raffigurati angeli neri e cinesi… Per concludere aggiungo che non fu eseguita negli anni '20, bensì nel 1945 in occasione del 500 anniversario del miracolo e come prima Cappella della pace, alla quale ne seguiranno le Cappelle di Cocteau, Matisse e Picasso negli anni successivi.

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amministratore 26 Settembre 2012 - 18:18

Egregio Fernando Leal Audirac,
non intendevamo attribuirle un opera di Suo padre, consapevoli delle caratterizzazioni della Sua espressione artistica e di quella paterna, il medesimo nome proprio (Fernando Leal) ha originato la confusione e La ringraziamo della precisazione. Apporteremo le necessarie correzioni al testo ed anche alla data di realizzazione degli affreschi.
Probabilmente ha ragione nel valutare, in un ottica di critica artistica, la formella ceramica come "grazioso ex-voto primitivo" siamo sicuri che il ceramista che l'ha realizzata non intendeva commisurarla all'opera di Fernando Leal, uno dei pittori più geniali del xx secolo, certamente non si pone il paragone: la libertà dell'ispirazione ha modificato i soggetti. La ceramica è però contestualizzata ad un luogo essenziale e severo qual'è quello dell'Abbazia di San Giovanni Battista e nell'insieme risulta gradevole seppur nella sua semplicità. Anche la "graziosità" di una formella "primitiva" può dare il senso della bellezza a chi la guarda, soprattutto se è rivolta ad un pubblico che potrebbe non avere la possibilità di fruire di altre opere più eccelse.
La ringraziamo del contributo che ci fornisce informazioni importanti.

Cogliamo l'occasione per suggerire ai lettori di questo blog la visione del sito dell'artista Fernando Leal Audirac autore del precedente commento. http://www.leal-audirac.com/

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