NOI X LUCOLI
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Ambiente

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La montagna e Lucoli

by Noi x lucoli 7 Maggio 2024

il pesco platicarpa

L’Unesco ci dice che le montagne ospitano circa la metà della biodiversità presente oggi in natura e oltre la metà degli abitanti della Terra utilizza acqua proveniente dalle montagne, esse coprono circa il 27% del nostro pianeta. La loro conservazione è fondamentale per garantire la vita e lo sviluppo del pianeta e rientra nell’Obiettivo 15 dell’Agenda ONU 2030, dedicato alla “vita sulla terra”.
E’ STATO IDEATO UN GRANDE PROGETTO il “”MountResilience” che ha molteplici obiettivi, quanto è vasto e diversificato l’orizzonte d’applicazione.

Mira a sfruttare le diversità territoriali per integrare una vasta gamma di prospettive, conoscenze ed esperienze. Sono coinvolte 47 organizzazioni partner provenienti da 12 Paesi europei: Austria, Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Italia, Polonia, Portogallo, Spagna, Romania, Spagna, Svizzera. L’approccio multidisciplinare è fondamentale per generare un portfolio variegato di proposte e strumenti di adattamento ai cambiamenti climatici, e massimizza il suo potenziale di replicabilità in Paesi e contesti diversi. Le aree montuose della Finlandia e quelle della Romania hanno evidenze e sfide ben diverse tra loro, la prima è proprio quella di fare sistema di esperienze e dati disomogenei.
La risorsa idrica e la gestione del turismo rappresentano i focus critici più immediati ed evidenti. Due elementi strettamente interconnessi.

La gestione dell’acqua comprende l’agricoltura, la zootecnia, ma anche il turismo legato alla neve e al ghiaccio, così come la produzione di energia idroelettrica nonché la fornitura di acqua potabile.

Grazie all’utilizzo di Big Data e di algoritmi di machine learning è possibile effettuare un’analisi climatica dello storico, precipitazioni comprese, ed elaborare modelli di proiezione delle prossime stagioni.

Sistemi di sensori monitorano invece lo stato delle risorse idriche superficiali e sotterranee, evidenziando trend e disponibilità di acqua per prevedere quando e se è necessario intervenire.

Lo sci su piste con innevamento artificiale è diventato, ormai da decenni, pratica comune del turismo invernale, ma solleva preoccupazioni riguardo all’inquinamento ambientale e al consumo di risorse. Per mantenere le piste innevate, vengono utilizzati enormi quantità di acqua ed energia.
Secondo CIPRA – Commissione internazionale per la protezione delle Alpi, durante una stagione invernale vengono consumati circa 95 mln di m3 d’acqua e spesi 600 gigawattora di energia, con un costo economico significativo. La neve artificiale ha inoltre un peso maggiore e una minore capacità isolante rispetto alla neve naturale e può causare il congelamento del suolo e l’asfissia delle piante. Una conseguenza evidente è il ritardo che spesso si evidenzia nell’attività vegetativa nelle zone con innevamento artificiale.

Temperature e biodiversità sono destinate a continuare a modificarsi: gli allevamenti di renne in Finlandia stanno subendo grossi contraccolpi e di questa carne il popolo si nutre da secoli. Anche la Romania, che basa buona parte della propria economia sulla zootecnia, vede modificarsi la composizione dei pascoli, poiché molti pastori si avventurano più in alto, altri abbandonano l’attività.

E se lo sci non sarà più uno sport facilmente praticabile al di sotto dei 2000 metri, le comunità locali dovranno trovare il modo per transitare verso una trasformazione del modello economico, fornendo servizi diversi che permettano alle persone di trascorrere del tempo piacevole in montagna. Il nostro compito è anche quello di supportare la conversione dei modelli economici dove le stazioni sciistiche non hanno un futuro: promuovere un adattamento intelligente seguendo il benessere generale, trascurando, a volte, interessi contingenti e particolari.

Uno scenario risolutorio perfetto se funzionasse nelle applicazioni e fosse interiorizzato dalle comunità locali, sempre più residue, che vivono le montagne. Certo se ne può parlare ma nella pratica come si vive la montagna? Cosa si fa anche a livello di amministratori locali per salvarla? Non abbiamo risposte degne di nota.

Noi amiamo la montagna, la ammiriamo, ci rigenera, ci rifugiamo in essa per sfuggire a tanti pensieri e azioni comuni che minacciano l’umanità stessa e ci snaturano. Abbiamo deciso di lavorare per la montagna, regalando il nostro tempo (risorsa non rigenerabile) e le nostre fatiche. Ma se dovessimo dire che siamo capiti nei nostri sogni e valori dovremmo affermare che abbiamo dei dubbi: nel giudizio collettivo lo facciamo perché abbiamo senz’altro un tornaconto, la gente granitica della montagna (un fuoco una famiglia e in trincea contro tutti) non fa nulla per nulla e giudica con sospetto chi non rispetta questo schema.

Confidiamo nella forza della montagna che da sempre e lì e ci ispira resilienza e fermezza e intanto cerchiamo di salvare la biodiversità che la popolava, che ci ha donato per secoli  e che gli uomini hanno dimenticato o cancellato perché reputata inutile o inadeguata agli interessi economici.

Tante volte ci sentiamo come il bambino che versava l’acqua del mare con una conchiglia, interrogato da Sant’Agostino gli rispose: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Agostino spiegò pazientemente che una cosa del genere era semplicemente impossibile. Il bambino, allora, diventò serio, e replicò: «Non è forse impossibile anche a te capire con la tua piccola mente l’immensità del Mistero della Trinità? Forse anche i nostri soci vivono in un mistero quello di come poter salvare la montagna e le sue ricchezze, tra queste anche l’acqua.

Anche in questa stagione combatteremo per l’assenza di acqua e irroreremo a mano (facendo catene umane) le giovani piante che abbiamo recuperato lo scorso anno: loro ci ringraziano ne siamo consapevoli! L’acqua sorgiva che utilizziamo proveniente dalla località “la cunetta” e per il cui utilizzo abbiamo chiesto i permessi alla Regione Abruzzo, in estate da certe ore in poi “scompare” e siamo costretti ad utilizzare serbatoi approvvigionati altrove.

L’acqua della sorgente

Finché avremo forza continueremo di noi si può dire se non altro che credevamo di poter essere utili.

7 Maggio 2024 0 comment
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AmbienteAttività

A LUCOLI ESISTONO DEI PATRIARCHI DELLA NATURA

by Noi x lucoli 12 Gennaio 2024

Alberature monumentali: lenti nel proteggerle, veloci nel tagliarle. European Consumers appoggia l’impegno dell’Associazione NoiXLucoli per la tutela di un Gelso e di Querce monumentali.

European Consumers APS favorisce qualsiasi politica d i conservazione delle alberature secolari sia in forma di boschi vetusti che di alberature ornamentali[1] in ambito urbano[2]. Si ritiene quindi opportuna la collaborazione con altre associazioni che perseguono gli stessi fini.

Dalle ricerche condotte da European Consumers Aps[3] emerge il dato certo che gli enti comunali non sembrano in grado di censire adeguatamente le loro alberature monumentali e spesso i catasti appaiono poco più che simbolici. Dei comuni con più di 15.000 abitanti meno di un terzo risulta averle censite. Il rapporto con le superfici forestali o con le superfici a verde pubblico non mostra alcuna correlazione e sembra più che altro conseguenza di arbitri locali nella classificazione. Proprio dove risulta maggiore la densità di popolazione e l’estensione del territorio urbanizzato emerge una scarsa attenzione ai patriarchi arborei.

Per contrastare il degrado[4] conseguente a queste inadempienze locali è necessario un impegno dei cittadini nella segnalazione e nella richiesta di informazioni agli Enti Comunali e, ove necessario, alla denuncia presso i relativi Comandi Stazione dei Carabinieri Forestali.

L’Associazione NoiXLucoli si sta impegnando per preservare esemplari secolari di querce e gelso. European Consumers APS ritiene quindi opportuna la diffusione del seguente comunicato.

NoiXLucoli OdV

Secondo Baudelaire la natura è un tempio e per il nostro ordinamento giuridico alberi che presentano determinate caratteristiche sono monumenti. In tempi di cambiamento climatico molti di quelli che la legge definisce “alberi monumentali” sono andati persi, sradicati dal vento e dalla pioggia, e si è molto parlato di messa in sicurezza del territorio e della vegetazione. Per questi monumenti naturali esistono, tuttavia, regole specifiche in relazione alla loro manutenzione, al fine di preservarli.

Gli alberi monumentali come memoria storica.

Ma che cosa si intende per alberi monumentali da un punto di vista giuridico e qual è la loro particolare disciplina? Il termine “albero monumentale” compare nella legislazione nazionale con la novella apportata al Codice dei beni culturali e del paesaggio nel 2008 [5], a seguito della ratifica da parte dell’Italia della Convenzione europea del paesaggio (https://bogelso.sinanet.isprambiente.it/temi/paesaggio/convenzione-europea-del-paesaggio).

Il d. lgs. 63/2008[6] ha infatti aggiunto all’art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio[7] – che sottopone a “tutela paesaggistica” una serie di beni considerati di “notevole interesse pubblico” – le cose immobili aventi cospicui caratteri di “memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali”. Il riferimento alla memoria storica è coerente con la definizione che il Codice dà di paesaggio, vale a dire “il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”, che è meritevole di protezione solo “relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale” (art. 131[8]). In altre parole, il Codice tutela il paesaggio non solo e non tanto perché portatore di valori estetici (perché bello), quanto di valori identitari(perché il soggetto ha un determinato rapporto con quel paesaggio).

La tutela degli alberi monumentali

Perché un albero monumentale sia sottoposto alla disciplina del Codice dei beni culturali e del paesaggio è necessario che la Commissione regionale per i beni paesaggistici emani a dichiarazione di notevole interesse pubblico (art. 140 Codice dei beni culturali e del paesaggio [9]). Qualora questa dichiarazione sia resa, l’albero in questione sarà sottoposto a vincolo: con la conseguenza che, ad esempio, non potrà essere tagliato se non previa autorizzazione della Regione (art. 146 Codice dei beni culturali e del paesaggio [10]). Non è invece necessaria l’autorizzazione, tra l’altro, per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria (art. 149 Codice dei beni culturali e del paesaggio [11]), come gli interventi di messa in sicurezza a seguito di una calamità naturale. Oltre che al vincolo paesaggistico, un albero monumentale può sottostare anche a un vincolo ulteriore. Tra il 2013 e il 2014 è stata emanata infatti una legislazione omogenea a livello nazionale relativa agli alberi che presentano il requisito della “monumentalità” definito dal legislatore (Legge n. 10/2013[12] e Decreto ministeriale 23 ottobre 2014[13]).

Questa normativa ha anche istituito l’Elenco degli alberi monumentali d’Italia, che è possibile consultare sul sito del Ministero dell’Agricoltura. La definizione di albero monumentale contenuta in queste norme tiene conto degli aspetti naturalistici, paesaggistici e storico-culturali, e stabilisce che sono tali:

  1. a) quelli che costituiscono rari esempi di “maestosità e longevità, per età o dimensioni” o che presentano “particolare pregio naturalistico, per rarità botanica e peculiarità della specie”, ovvero quelli che recano “un preciso riferimento a eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali”;
  2. b) i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale;
  3. c) gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale (art. 7, Legge 10/2013).

Una delle querce del Bosco di Santa Croce a Lucoli

I criteri di monumentalità secondo la legge

I criteri di monumentalità sono ulteriormente specificati dal decreto ministeriale che stabilisce che è pregio naturalistico quello legato “all’età e alla dimensione”, a “forma e portamento”, “ecologico”, alla “rarità botanica”, all’”architettura vegetale”; pregio paesaggistico quello che considera l’albero come possibile elemento distintivo, punto di riferimento, motivo di toponomastica ed elemento di continuità storica di un luogo; pregio storico-culturale-religioso quello legato alla componente antropologico-culturale, intesa come “senso di appartenenza e riconoscibilità dei luoghi da parte della comunità locale, come valore testimoniale di una cultura, della memoria collettiva, delle tradizioni, degli usi e dei costumi” (art. 5 d.m. 23 ottobre 2014[14]).

Qualora venga riconosciuta la “monumentalità” di un determinato esemplare arboreo, questo sarà sottoposto a un vincolo finalizzato alla sua tutela e salvaguardia: e così “l’abbattimento e le modifiche della chioma e dell’apparato radicale” saranno possibili solo per “casi motivati e improcrastinabili per i quali è accertata l’impossibilità di adottare soluzioni alternative”, e solo previa autorizzazione del Comune nel quale l’albero si trova e parere vincolante del Corpo forestale dello Stato (art. 9 Decreto ministeriale 23 ottobre 2014[15]).

La “cornice” normativa era doverosa per poter raccontare la nostra storia che la riguarda e la tutela di alcuni bellissimi alberi di Lucoli.

La nostra Associazione del territorio è impegnata nel campo ambientale e culturale a livello nazionale e soprattutto per Lucoli, Paese in provincia dell’Aquila.

Nel 2011  iniziammo con l’ex Corpo Forestale dello Stato l’attività di classificazione di alcuni esemplari più che centenari del territorio. Fu un grande impegno quattro risorse del Comando dell’Aquila e noi volontari, misurammo circonferenze, altezze e stato di salute delle querce del Bosco di Santa Croce a Lucoli, della grande quercia e del Morus nigra che vegetano sul piazzale dell’Abbazia di San Giovanni Battista di Lucoli. Subito dopo il terremoto ci impegnammo in una faticosa ricerca storica per individuare l’origine e la citazione nei documenti storici di questi esemplari. Producemmo delle relazioni corpose, corredate anche da testimonianze della comunità locale. Le relazioni furono inoltrate al servizio competente del Corpo Forestale dello Stato e ricevemmo delle note di interesse che classificavano tali alberi come monumentali. Espletammo l’iter suggerito inviando il materiale tecnico. Dopo di ciò il nulla.

Sollecitammo in qualità di Associazione e chiedemmo all’Ufficio Regionale di riferimento, ma la pratica era scomparsa e comunque non conforme ai dettami vigenti. Perché nel frattempo cambiarono le modalità operative di segnalazione e quindi riproponemmo il materiale anche per mezzo del Comune di Lucoli che invio segnalazione alla Regione.

Nel 2023, quindi tredici anni dopo, seguendo l’ennesima nuova procedura, abbiamo reinviato la documentazione alla Regione Abruzzo ed al Comune di Lucoli segnalando gli esemplari già individuati.

Ma forse i vincoli di protezione fanno paura: gli alberi non si possono tagliare con un vincolo!

Lucoli ha un territorio ricco di vegetazione e non sarebbero certo questi  magnifici esemplari, memoria della storia locale (la quercia dell’Abbazia unico albero rimasto del Parco della Rimembranza del 1932 dedicato ai caduti della Prima guerra mondiale, il Gelso piantato dai  monaci celestini dell’Abbazia) a privare i proprietari dei terreni di legna da ardere.

Vorremmo, questa volta, finalizzare con successo questa attività di tutela  avendo già l’accordo di almeno uno dei proprietari degli alberi individuati, visto, tra l’altro, che i nostri volontari si fanno già carico della cura di questi preziosi esemplari.

Chiediamo l’aiuto degli Enti preposti e degli studiosi della materia per non essere lasciati soli e magari, anche questa volta, dimenticati.

Ringraziamo European Consumers per il sostegno.

 

 

 

 

Riferimenti

[1] Tutela giuridica degli alberi nei condomini e nelle aree verdi private. https://www.europeanconsumers.it/2019/11/23/4850/

[2] A Cittaducale si fa scempio delle alberature urbane ignorando Strategie e Linee Guida nazionali. https://www.europeanconsumers.it/2023/03/21/a-cittaducale-si-fa-scempio-delle-alberature-urbane-ignorando-strategie-e-linee-guida-nazionali/

[3] Indagine sulla tutela degli alberi monumentali italiani. https://www.europeanconsumers.it/2019/12/29/indagine-sugli-alberi-monumentali-italiani/

[4] A Castelnuovo di Farfa si tagliano alberi sani. https://www.europeanconsumers.it/2019/12/15/a-castelnuovo-si-tagliano-alberi-sani/

[5] Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 Legge 6 luglio 2002, n. 137. http://www.bncrm.beniculturali.it/getFile.php?id=466

[6] Decreto Legislativo 26 marzo 2008, n. 63. Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio. Gazzetta Ufficiale n. 84 del 9 aprile 2008. https://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/08063dl.htm

[7] Articolo 136 Codice dei beni culturali e del paesaggio. (D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42). Immobili ed aree di notevole interesse pubblico. https://www.brocardi.it/codice-dei-beni-culturali-e-del-paesaggio/parte-terza/titolo-i/capo-ii/art136.html

[8] Articolo 131 Codice dei beni culturali e del paesaggio. (D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42). Paesaggio. https://www.brocardi.it/codice-dei-beni-culturali-e-del-paesaggio/parte-terza/titolo-i/capo-i/art131.html

[9] Articolo 140 Codice dei beni culturali e del paesaggio. (D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42). Dichiarazione di notevole interesse pubblico e relative misure di conoscenza. https://www.brocardi.it/codice-dei-beni-culturali-e-del-paesaggio/parte-terza/titolo-i/capo-ii/art140.html

[10] Articolo 146 Codice dei beni culturali e del paesaggio. (D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42). Autorizzazione. https://www.brocardi.it/codice-dei-beni-culturali-e-del-paesaggio/parte-terza/titolo-i/capo-iv/art146.html

[11] Articolo 149 Codice dei beni culturali e del paesaggio. (D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42). Interventi non soggetti ad autorizzazione. https://www.brocardi.it/codice-dei-beni-culturali-e-del-paesaggio/parte-terza/titolo-i/capo-iv/art149.html

[12] Legge 14 gennaio 2013, n. 10. Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani. (13G00031). https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2013-01-14;10

[13] Decreto 23 ottobre 2014 Istituzione dell’elenco degli alberi monumentali d’Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento. (14A08883) (GU Serie Generale n.268 del 18-11-2014). https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/11/18/14A08883/sg

[14] Decreto 23 ottobre 2014. Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.  Istituzione dell’elenco degli alberi monumentali d’Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento. https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11270

[15] Decreto 23 ottobre 2014. Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.  Istituzione dell’elenco degli alberi monumentali d’Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento. https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/

12 Gennaio 2024 0 comment
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siccità
Ambiente

IL PIANO NAZIONALE DI ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI E’ AGGIORNATO. SI RIUSCIRA’ A CALARLO NEI TERRITORI?

by Noi x lucoli 30 Dicembre 2022

Finalmente dopo che è stato fermo per diversi anni, è stato pubblicato sul sito del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

Il testo, aggiornato rispetto alla versione del 2018, sarà ora sottoposto alla consultazione pubblica prevista dalla procedura di Valutazione Ambientale Strategica. Si tratta di uno strumento di programmazione essenziale.

Già l’avvio di questo importante strumento è di fondamentale importanza, inoltre oltre a trattare di diversi ambiti, ciò che va maggiormente evidenziata è l’attenzione al nostro patrimonio culturale-architettonico e al paesaggio.

La conoscenza dell’impatto dei cambiamenti climatici sul patrimonio culturale in Italia si basa, innanzitutto, sull’identificazione dei parametri climatici prioritari che ne determinano il degrado sia in ambiente esterno (principalmente patrimonio architettonico, archeologico, etc.) che in ambiente interno (musei, chiese, ipogei, etc.).

La valutazione della vulnerabilità e dei rischi cui il patrimonio culturale della tradizione agricola e non solo è soggetto, lo studio dei diversi materiali che costituiscono i beni diffusi sul territorio e le forme di degrado che li interessano – in relazione alle particolarità ambientali, alle caratteristiche del paesaggio, all’impatto antropico – costituiscono il tema prioritario nella messa a punto di strategie di protezione, controllo e prevenzione del danno per la conservazione del patrimonio culturale stesso.

Inoltre, per quanto riguarda il paesaggio, la sua vulnerabilità legata all’evoluzione di fattori culturali e socioeconomici è aggravata dalla presenza di rischi naturali, connessi alla realtà fisica del suo ambiente, fra i quali assumono un ruolo rilevante sia le caratteristiche geomorfologiche sia i fattori climatici del contesto territoriale. Con riferimento diretto ai rischi climatici, è utile citare il surriscaldamento termico che sta creando problemi di trasformazione del paesaggio con lo spostamento in quota dei limiti altitudinali delle fasce di vegetazione, mentre, sempre a titolo di esempio, la vulnerabilità dei paesaggi dell’area mediterranea, per sua natura più calda e arida, risulta essere fra le più critiche per i processi di desertificazione in atto, oltre alla registrata tendenza di incremento della frequenza di eventi estremi che comporta un aumento di rischio di danneggiamento e di perdita irreversibile di paesaggi ed edifici storici.

È necessaria sicuramente l’unione di diversi campi scientifici, tra cui climatologia, fisica dell’atmosfera, idrologia, idraulica, geologia, geomorfologia, idrogeologia, ingegneria geotecnica, scienze del suolo, scienze ambientali.

La nostra Associazione è impegnata in un territorio montano e siamo particolarmente attenti ai cambiamenti climatici che ci circondano. In generale la criosfera, l’insieme di neve, ghiacciai e permafrost, è fortemente impattata dai cambiamenti climatici: negli ultimi decenni la durata e lo spessore della neve si sono fortemente ridotti così come lo stock idrico nivale che si accumula ogni anno a fine inverno. I ghiacciai hanno già perso dal 30 al 40% del loro volume. Le montagne sono un territorio particolarmente sensibile ai pericoli naturali legati essenzialmente all’intensificazione del ciclo dell’acqua ed ai cambiamenti della criosfera entrambi fattori importanti nel controllo della stabilità di pareti e versanti.  La degradazione del permafrost può ridurre la stabilità dei pendii e incidere sulla stabilità delle infrastrutture in alta montagna (funivie, rifugi, edifici, tralicci). Le valanghe di ghiaccio, la caduta di seracchi e lo svuotamento improvviso di sacche d’acqua glaciali sono processi legati all’interazione tra il riscaldamento globale e la naturale evoluzione dei ghiacciai. Infine, è fondamentale sottolineare come i cambiamenti climatici stanno modificando le attività alpinistiche. Molti itinerari sono stati modificati e rivisti. Coerentemente con le recenti Direttive del Dipartimento Protezione civile nazionale, l’azione delle autorità responsabili deve essere rivolta esclusivamente alle zone antropizzate e alle infrastrutture, mentre l’attività alpinistica deve essere lasciata alle valutazioni del singolo alpinista e dei professionisti della montagna come le Guide alpine.

Maggiormente ci interessano (e angustiano) le modifiche del ciclo idrologico e il conseguente aumento dei rischi che ne derivano. Le risorse idriche sono fondamentali per uno sviluppo equo e sostenibile e la sicurezza idrica è un requisito fondamentale per lo sviluppo economico, la produzione alimentare, l’equilibrio sociale, la competitività delle imprese e la tutela dell’ambiente naturale. Nel 2020 si è registrato un calo delle precipitazioni rispetto al periodo climatico 1971-2000 (CLINO: Normale Climatologica di riferimento). Di conseguenza l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha classificato l’Italia come un paese soggetto a stress idrico medio-alto. Il nostro Giardino della Memoria del Sisma del 2009 vive in continuo stress idrico nei mesi estivi. Le scarse precipitazioni e gli interventi antropici rendono la disponibilità di acqua ancora più carente provocando molte patologie alle piante da frutto.

Nelle foto la carenza idrica provoca la caduta dei frutti. Foto di Fausto Moretti

A seguito dell’approvazione del PNACC si aprirà una seconda fase del percorso, finalizzata a garantire l’immediata operatività del Piano mediante il lancio delle azioni e si prevede la pianificazione ed attuazione delle azioni di adattamento nei diversi settori attraverso la definizione di priorità, ruoli, responsabilità e fonti/strumenti di finanziamento dell’adattamento e, infine, la rimozione sia degli ostacoli all’adattamento costituiti dal mancato accesso a soluzioni praticabili, sia degli ostacoli di carattere normativo/regolamentare/procedurale. I risultati di questa attività convergeranno in piani settoriali o intersettoriali, nei quali saranno delineati gli interventi da attuare.

Una volta approvato con Decreto ministeriale, si insedierà anche:

  • l’Osservatorio Nazionale, che dovrà garantire l’immediata operatività del Piano attraverso l’individuazione delle azioni di adattamento nei diversi settori. Definirà le priorità, individuerà i soggetti interessati e le fonti di finanziamento, oltre che le misure per rimuovere gli ostacoli all’adattamento. I risultati di questa attività potranno convergere in piani settoriali o intersettoriali, nei quali saranno delineati gli interventi da attuare.
  • Un Forum permanente, per la promozione dell’informazione, della formazione, e della capacità decisionale dei cittadini e dei portatori di interesse.
Su quali attività saranno coinvolti i singoli territori?
Sulla conoscenza delle criticità geologiche e idrauliche di riferimento e sui rischi ad esse associati; sul miglioramento dei modelli per la simulazione e la previsione degli impatti su differenti orizzonti temporali; sul miglioramento del monitoraggio del territorio per la produzione di basi dati aggiornate; sul miglioramento della gestione delle emergenze da parte delle amministrazioni a tutti i livelli e aumento della partecipazione della popolazione; sul miglioramento della gestione e della manutenzione del territorio; sul miglioramento della conoscenza dello stato dei manufatti e delle infrastrutture per aumentarne la resilienza.

Ci auguriamo che quanto illustrato non rappresenti solo i buoni propositi della politica: se l’aspettativa è quella di vedere crescere la temperatura media di 1,2 gradi l’emergenza idrica per il Giardino della Memoria potrebbe risultare drammatica. Ciò comporterà inevitabilmente ondate di caldo eccezionali come quelle del 2022. 

30 Dicembre 2022 0 comment
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la mela a cipolla eredità del territorio
Ambiente

UN BUON PROPOSITO PER LE FESTE DI NATALE

by Noi x lucoli 4 Dicembre 2022

Con questo post vorremmo esprimere dei buoni propostiti per le Feste perché non parliamo di salvare la Terra?

Questo sembra essere l’imperativo globale del nostro tempo. Ma i più intendono la Terra intesa come Pianeta, la Terra in astratto, la Terra come globo. Poi in concreto, lasciamo che i poteri forti dell’industria del cibo cancelli i prodotti autoctoni di un territorio. E’ quel che avviene con l’umanità: chi ama l’umanità in generale, notavano sia Dosteveskij che Leopardi, di solito è indifferente se non ostile agli uomini che gli sono vicini. Amano l’umanità in astratto, la detestano in concreto, fino a sostituire gli uomini con creature artificiali, geneticamente modificate, intelligenze artificiali, robot e postumani. Spesso la guerra contro la natura, si accanisce a partire dalla terra e dai suoi prodotti.

La sostituzione della terra è quel che precisamente avviene ogni volta che si preferisce l’artificiale al naturale, il geneticamente modificato al genuino, il cibo globale al cibo prodotto a chilometro zero. Noi da sempre vogliamo difendere la terra e i territori, sostenendo il principio di prossimità.

Per rilanciare l’agricoltura vanno compiuti tanti atti concreti, ma c’è un atto preliminare da compiere nelle nostre menti e nei nostri cuori: tornare alla terra, considerarla come il nostro habitat naturale, amare e preservare la nostra terra. Le radici sono una risorsa primaria per la natura e l’identità dei popoli, va salvaguardato il nesso vitale tra radici e frutti. Abbiamo trasformato questi principi in realtà quando dodici anni fa abbiamo cominciato a fare i contadini del Giardino della Memoria, reinventando noi stessi.

Per noi la cultura è culto e coltivazione, ossia è legame tra cielo e terra, tra sacro e lavoro nei campi, capacità di guardare in alto e di restare saldamente con i piedi per terra.

Non riusciremo a salvare i nostri beni culturali e naturali, i paesaggi e i territori senza un amore conservatore per la natura, la storia, la tradizione, le radici dell’una e delle altre.

L’Italia, non è un potenza mondiale demografica o economica, militare o tecnologica, ma è la superpotenza mondiale per i beni culturali e per il cibo; il suo primato è nell’intreccio tra arte e natura, tra paesaggi e retaggi, tra cultura e alimentazione. Non si tratta di chiudersi in una sorta di autarchia alimentare, ma di dare una risposta adeguata, attiva, non passiva, alla globalizzazione e alla standardizzazione planetaria del cibo.

Sulla sovranità alimentare, si sono sprecati molti commenti a proposito dell’omonimo ministero, ma un ministero della sovranità alimentare c’è anche in Francia; e pure il patron dello slow food, Carlo Petrini, riconosce il fondamento di una definizione del genere e di una battaglia in questa chiave. Semmai bisogna preoccuparsi che non resti solo un nome, una parola. Sovranità alimentare vuol dire anche tutelare il principio di prossimità, valorizzare l’economia agricola e reale nostrana, a partire dal chilometro zero, attivare una filiera conseguente, difendere i prodotti nostrani. E soprattutto amare la Terra, si, la Terra tutta, ma a partire dalla propria; amare la terra dei padri e fecondarla e consegnarla ai figli. I frutti antichi del Giardino della Memoria sono una realtà.

Lasciare i territori ai figli anche ripulendoli dai rifiuti che, con leggerezza criminale, si abbandonano in luoghi protetti e splendidi come Campo Felice.

Amiamo la nostra terra ma dovremmo essere di più a fare qualcosa di tangibile.

I nostri soci raccolgono rifiuti a Campo Felice

4 Dicembre 2022 0 comment
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Ambiente

ATLANTE ITALIANO DELL’ECONOMIA CIRCOLARE: un viaggio nell’Italia della circolarità.

by Noi x lucoli 20 Novembre 2022

Abbiamo voluto riprendere questo interessante articolo dalla rivista “INNESTI” perché i nostri soci da ben dodici anni realizzano attività di recupero di oggetti e li trasformano per rendere accogliente il Giardino della Memoria di Lucoli, basti pensare ad esempio alle panchine realizzate con le macerie del terremoto  o all'”hotel degli insetti” relizzato con legno d’avanzo.

NoiXLucoli come Associazione crede nella bontà del modello dell’economia circolare e le attività che realizza implicano, per quanto possibile, condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti. In questo modo si vuole estendere il ciclo di vita degli oggetti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo.

le panchine realizzate con le macerie del terremoto e legni dei cantieri

“Per scegliere esperienze virtuose occorre anzitutto conoscerle”: proprio da questa riflessione inizia nel 2016 il viaggio nell’Italia dell’economia circolare. Perché il progetto nasce dall’intelligenza collettiva del CDCA, primo Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali, che ha fatto della mappatura il suo strumento specifico per la diffusione di conoscenza sulla giustizia ambientale. Dopo aver censito e raccontato per anni i conflitti ambientali che insistono sui nostri territori, è venuta spontanea la scelta di usare un atlante web anche per mettere in rete e dare visibilità a chi fa economia realizzando processi di produzione e servizi virtuosi, a minimo impatto, equi e ad alto valore sociale e territoriale.

Prima del lancio si è lavorato alla definizione di quella che è l’economia circolare: un sistema economico equo, basato sull’uso e il riuso consapevole dei beni e delle risorse e quindi sulla prevenzione dei rifiuti, che parta dalla progettazione di beni che possano durare il più a lungo possibile grazie anche a servizi di cura e condivisione. Grazie alla collaborazione con il comitato scientifico è stata elaborata la griglia dei criteri della circolarità, organizzati in dieci dimensioni: sette dimensioni di circolarità e tre dimensioni di sostenibilità ambientale e sociale.

Oggi l’Atlante conta oltre 280 realtà da Nord a Sud Italia.
Chi consulta l’Atlante compie un viaggio tra imprese, cooperative sociali, associazioni, enti di ricerca e pubbliche amministrazioni che operano tra diciotto categorie merceologiche: dal settore tessile a quello dell’architettura, da quello agroalimentare a quello dell’igiene per la casa e la persona, dal mondo dello sport a quello artistico, e così via. Ognuna di queste realtà è un seme di speranza.

Spesso si tratta anche di percorsi di emancipazione economica e sociale che si intrecciano con il tentativo di tutelare l’ambiente. Come quello di Ri-Generation che dà una vita nuova agli elettrodomestici e un’opportunità lavorativa a chi vive situazioni di complessità, migranti e non.

La ricerca di queste storie ha consolidato molte riflessioni. Se da una parte c’è chi, anche da tempi non sospetti, applica più o meno consapevolmente i principi dell’economia circolare, dall’altra c’è un tessuto socioeconomico ancora poco preparato a recepire il passaggio da un’economia di tipo lineare, che sfrutta le risorse del pianeta e le persone per farne una rapida occasione di profitto, a una circolare.

L’Atlante ha un triplice obiettivo.

Il primo è aiutare chi ha voglia e la possibilità di riorientare i propri consumi a individuare realtà che nel nostro Paese pensano e fanno economia in modo nuovo e finalmente sostenibile.
Il secondo è soddisfare la necessità delle realtà di incontrare altri attori della filiera o extra-filiera per condividere risorse ed esperienze per chiudere i cicli dei materiali.
Infine è uno strumento di ricerca aperto a chiunque voglia avere un quadro, anche se non esaustivo, dello stato dell’arte. Quello che emerge chiaro dall’Atlante è che la circolarità è un insieme di innovazioni tecnologiche, sociali e culturali.
Ma anche una ricerca di sintesi tra il nuovo e contemporaneo e il recupero di mestieri artigianali e soluzioni antiche; una mediazione tra pratiche proposte dal basso e quelle calate dall’alto. E tutto questo si muove tra normative, politiche e strategie nazionali in divenire.

 

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Ambiente

Finalmente, dopo trent’anni, nuove “Disposizioni per lo sviluppo e la valorizzazione delle zone montane”

by Amministratore 9 Maggio 2022
Giovedì 10 Marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge contenente «Disposizioni per lo sviluppo e la
valorizzazione delle zone montane» – frutto di un lavoro di consultazione inclusivo finalizzato a garantire l’accessibilità a tutti i servizi essenziali anche in montagna, promuovendo lo sviluppo di attività imprenditoriali agricole e forestali, giovani e innovative.
I territori montani rappresentano una risorsa importante per un Paese come l’Italia, che possiede l’intero versante meridionale delle Alpi ed è percorsa dall’Appennino. Per questo, una legge specifica per lo sviluppo e la valorizzazione delle montagne, che ha visto, tra gli altri, il contributo del mondo accademico italiano e degli operatori della montagna, riuniti nel Tavolo Tecnico Scientifico (TTS), è un grande e importante risultato per l’incremento della competitività del Paese.
L’iniziativa è nata con gli obiettivi di contrastare lo spopolamento delle aree montane e di creare opportunità e occasioni per le giovani generazioni desiderose di continuare a vivere e lavorare in questi territori.
Il disegno di legge, prevede tre direttive di intervento (servizi essenziali, sanità e scuola) da attuare nell’ambito della Strategia Nazionale per la Montagna Italiana (SNAMI), mira a garantire l’accessibilità a tutti i servizi essenziali anche in montagna, promuovendo lo sviluppo di attività imprenditoriali agricole e forestali, giovani e innovative. Queste iniziative verranno attuate grazie all’istituzione del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane (FOSMIT) con uno stanziamento di 100 milioni di euro per il 2022 e di 200 milioni a decorrere dal 2023.
Si è voluto porre al centro la figura del montanaro nella sua dimensione individuale e di comunità, lo sviluppo integrale della montagna, che vede nei giovani la capacità di ripopolamento e rifunzionalizzazione.
Ci sono benefici immediati che la nuova legge porterà, primi tra tutti gli incentivi per chi sceglierà di vivere e lavorare in montagna: insegnanti e medici su tutti, due figure che scarseggiano sempre più in quota. Si tratta il tema dell’agricoltura di montagna, con specifiche agevolazioni e l’incentivo per i professionisti della montagna, come maestri di sci e guide alpine.
Quindi come primo risultato si vuole garantire anche in montagna la fruibilità di tutti i servizi essenziali, dalla sanità alla scuola: chi sceglie di fare il medico o l’insegnante in Comuni montani avrà delle agevolazioni. «Io resto in montagna»: è una misura che prevede detrazioni sul mutuo per chi, con meno di 41 anni, acquista una prima casa in un Comune montano. Ci saranno misure fiscali ad hoc per i giovani che avviano una propria attività in montagna; e poi si prevede un credito di imposta per gli imprenditori agricoli e forestali che investono nella eco sostenibilità nei Comuni montani.
Ora dobbiamo arrivare all’approvazione in Parlamento.
Si pensa al via libera definitivo da parte delle Camere entro l’estate.
Il prof. Giovanni Cannata, Presidente Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise pensa che il provvedimento sia un’occasione per mettere in attenzione la problematica delle terre alte nelle quali insistono molti dei Parchi e delle aree protette che debbono essere sempre più considerati come laboratori per lo sviluppo sostenibile. Auspica che sia data particolare e inderogabile attenzione alla copertura digitale dei territori quale prerequisito indispensabile per ogni azione di conservazione attiva e sviluppo.
Si associa anche NoiXLucoli, come custode della biodiversità vegetale, auspicando una pronta approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, della nuova legge sulla montagna che rappresenta un momento estremamente importante per tanti territori che aspettavano da quasi trent’anni un provvedimento organico, necessario per favorire lo sviluppo di molti Comuni svantaggiati, per valorizzare le specificità delle terre alte.

Campo Felice il lago niveo

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Ambiente

TUTELA DEL'”L’AMBIENTE, LA BIODIVERSITA’ E GLI ECOSISTEMI, ANCHE NELL’INTERESSE DELLE FUTURE GENERAZIONI” NELLA COSTITUZIONE

by Amministratore 15 Febbraio 2022
Inserire nella Carta la tutela dell’”ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, vuol dire avere una visione più ampia nelle decisioni politiche. Superare la tradizionale tendenza della politica, della democrazia e dell’economia a essere schiacciate sulle esigenze del presente.

 

Per tantissimi anni i governi, Re o Imperatori e anche le democrazie hanno pensato soltanto agli effetti immediati delle decisioni. Forse per l’abitudine a interessarsi soltanto dei problemi vicini, nel tempo e nello spazio. Forse per la mancata abitudine a programmare, a prevedere per mancanza di visione.
La scorsa settimana il nostro Parlamento ha approvato la riforma che inserisce all’art. 9 della Costituzione la tutela del “l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.
E’ molto importante proprio l’ultimo inciso, che obbliga a concepire decisioni pensando al loro impatto sul futuro.
Sono una cinquantina d’anni che si è iniziato a parlare di diritti delle generazioni future, soprattutto a partire dalle campagne di tutela degli oceani di Jacques Cousteau.
Così si è fatta strada l’esigenza di tutelare l’ambiente e i cambi climatici, di considerare anche i diritti di coloro che verranno quando si incide su patrimonio culturale, ingegneria genetica e sviluppi bioetici, robotica, welfare e dinamiche economiche, perché anche il debito pubblico e le pensioni incidono sulle generazioni future.
In buona sostanza, si tratta di una visione più ampia nelle decisioni politiche. Si devono considerare anche la debolezza o vulnerabilità degli interessi delle generazioni future, superando la tradizionale tendenza della politica, della democrazia e dell’economia a essere schiacciate sulle esigenze del presente.
Lo avevano già riconosciuto in Costituzione la Germania, la Svezia, la Polonia, il Lussemburgo, Malta.
Da noi era intervenuta in maniera significativa la Corte Costituzionale, riconoscendo la tutela dei diritti delle generazioni future nella tutela dell’ambiente e dell’ecosistema: lo Stato può e deve porre limiti invalicabili “nell’apprestare cioè una «tutela piena ed adeguata», capace di assicurare la conservazione dell’ambiente per la presente e per le future generazioni” (sent. n. 288 del 2012).
E, ancora, nella sostenibilità dei bilanci: “L’equità intergenerazionale comporta, altresì, la necessità di non gravare in modo sproporzionato sulle opportunità di crescita delle generazioni future, garantendo loro risorse sufficienti per un equilibrato sviluppo” (sent. n. 18 del 2019). Ma ora il riconoscimento in Costituzione rende stabile e solido il principio: tener conto delle future generazioni costringe a ripensare i meccanismi della democrazia politica e delle maggioranze legislative. Un riconoscimento importantissimo per guardare lontano.

 

Saranno all’altezza i nostri governanti?

 

 

NoiXLucoli OdV custodisce da undici anni la biodiversità locale nel Giardino della Memoria di Lucoli già presentato come esperienza regionale in uno dei quaderni ISPRA sinora pubblicati. 
Le storiche varietà locali rappresentano anche un presidio e un punto di riferimento per le politiche di tutela della biodiversità nell’interesse delle future generazioni. Siamo orgogliosi dei nostri sforzi.

 

 

 

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Ambiente

Il 05 Febbraio 2022 – Giornata Nazionale contro lo spreco alimentare

by Amministratore 27 Gennaio 2022
L’UNEP (United Nations Environment Programme) è il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, istituito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1972.

 

L’UNEP monitora costantemente l’evoluzione di pratiche e azioni che danneggiano l’ambiente a livello mondiale e pubblica un rapporto annuale che fotografa la situazione: il Food Waste Index Report.
Il Rapporto 2021 è stato dedicato all’analisi dell’impatto dello spreco alimentare sull’ecosistema, e sono emersi dati preoccupanti.

 

 

Le stime ci dicono infatti che una percentuale tra l’8 e il 10% delle emissioni di gas serra globali è legata allo spreco alimentare. Ogni anno circa il 17% del cibo coltivato, finalizzato e venduto viene buttato. Il 61% dello spreco avviene tra le mura domestiche, il 26% lungo la filiera e il 13% nella distribuzione.

Solo conoscendo bene il fenomeno è possibile pianificare e creare programmi di azione mirati.

 

Altrettanto importante è il grado di consapevolezza rispetto al fenomeno. La nostra vocazione è ambientalista e conservatrice della natura e ci appassioniamo a questi temi.

 

Mangiare tutto il cibo che compriamo non è un lavoro, e può rivelarsi anche meno impegnativo di quanto si immagini. A partire dal fatto che sprecare meno significa anche risparmiare denaro e risparmiare tempo, quello necessario per fare viaggi extra al negozio di alimentari.

 

Oltre a tempo e denaro, ogni risparmio alimentare porta con sé anche una riduzione degli sprechi di imballaggi, quelli che con ogni probabilità contenevano gli alimenti buttati.

 

L’ostacolo più difficile da superare è la comune resistenza al cambiamento, che tutti noi abbiamo: la tavola rappresenta la socializzazione, la cultura familiare e del territorio. Ma il cambiamento può portare a un miglioramento.

 

Sicuramente la fatica maggiore la fanno le persone molto impegnate, chi lavora molto. A volte manca il tempo anche solo per arrivare ad apparecchiare e portare il cibo in tavola, e allora facilmente quel cibo è fast food o cibo già di terza o quarta gamma (altamente trasformato). Il fenomeno è molto cittadino, ma ad esempio nel nostro territorio le porzioni spesso sono molto abbondanti difficili da esaurire. Abbiamo bisogno dunque di una società più equilibrata in cui le persone abbiano il tempo di prendersi cura delle proprie famiglie. La sostenibilità sociale è alla base della lotta allo spreco alimentare. 

 

Cibo e ambiente sono indissolubilmente legati. Se ami l’uno non puoi non amare l’altro.

 

Possiamo fare tanto per rigenerare la nostra terra, smantellando il nostro sistema alimentare industriale e sostituendolo con un sistema decentralizzato fatto di molti produttori locali al posto del monopolio moderno fatto da una manciata di corporazioni che controllano quasi tutto ciò che trovi in ​​un supermercato.

 

Lo spreco alimentare è un problema grave ed enorme. Secondo il Food Waste Index delle Nazioni Unite, in tutto il mondo, circa un terzo del cibo che produciamo e cuciniamo non viene consumato e le famiglie hanno un grande ruolo in questo crimine verso il cibo.

 

Quindi questo è un ottimo punto di partenza: cominciamo a consumare tutto ciò che abbiamo preparato, cucinato e messo a tavola. Questo impegno avrà un effetto immediato di risparmio, e ci aiuterà a diventare più creativi, scoprendo ricette, reimpiattamenti, riciclo di pietanze che sicuramente ci renderà cuochi migliori sotto tutti i punti di vista.
Suggeriamo un libro dal titolo spiritoso, anche se concreto nei contenuti, per praticare un buon “riciclo” in cucina.

 

 

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Ambiente

PARCHI, RISERVE E RETE NATURA 2000: QUALI LE FORME PIÙ EFFICACI DI PROTEZIONE DELLA NATURA?

by Amministratore 6 Maggio 2020
Campo Felice Zona di Protezione Speciale e Sito d’Importanza Comunitaria tutelato dall’Unione Europea
La priorità delle aree protette è la conservazione dei valori ecologici, la chiave per raggiungere simultaneamente anche tutti gli altri obiettivi è proprio quella immaginata da Parpagliolo e Sarti già nel 1918 e rilanciata da Pirotta nel 1955 (PEDROTTI, 1998), cioè la divisione in zone a tutela variabile di tutto il territorio protetto, una zonazione, cioè, da definirsi su basi scientifiche attraverso i piani dei parchi. Così la legge (art. 12) prevede la ripartizione del territorio in quattro zone, con diverso grado di tutela e diverse attività consentite: se nella zona A di “riserva integrale” non può essere consentita alcuna attività umana, nella zona B di “riserva generale orientata” possono essere consentite (dietro “nulla osta” dell’Ente parco) “le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell’ente parco stesso”; le ”aree di protezione” (zona C) sono invece dedicate alle attività tradizionali agro-silvo-pastorali, che “possono continuare, secondo metodi di agricoltura biologica ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità”; infine, nelle aree più antropizzate, le cosiddette “aree di promozione economica e sociale” (zona D) “sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori”. 
Sono aree protette, secondo la legge, i parchi nazionali e quelli regionali, le riserve statali e quelle regionali. 
Oggi, in Italia, vi sono 24 parchi nazionali istituiti, che coprono complessivamente oltre un milione e mezzo di ettari, pari al 5% circa del territorio nazionale. Le aree protette regionali (ormai oltre 1.000) coprono infine una superficie di più di un milione di ettari. Insieme alle 143 riserve naturali statali, si arriva così ad una superficie formalmente protetta di quasi tre milioni di ettari, pari al 10% circa del territorio nazionale, raggiungendo così finalmente l’obiettivo (“La sfida del 10%”) che era stato lanciato nel 1980 a Camerino dai migliori ecologi e conservazionisti dell’epoca. 
Dopo quasi settant’anni dall’istituzione dei primi parchi nazionali e a venti da quella dei primi parchi regionali, l’Italia si è finalmente dotata di una legge organica “per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese” (legge-quadro n. 394/1991). Come è sostenuto da autorevole dottrina, “la novità storica di questa legge è nel superamento della concezione antropocentrica del diritto; per una volta, non è più l’uomo l’oggetto finale del diritto, ma la natura; ciò che è di tutti, e dunque di nessuno, è definitivamente sottratto allo sfruttamento e all’egoismo individualista della produzione economica” (DI PLINIO & FIMIANI, 1997). Su questa scia, il Consiglio di Stato (Sez. VI), nella storica e modernissima sentenza n. 7472/2004, ha affermato che “la protezione della natura mediante il parco è la forma più alta ed efficace tra i vari possibili modelli di tutela dell’ambiente, il cui peggior nemico è senza dubbio la produzione economica moderna” e che, poiché la ragion d’essere di un’area protetta è la “protezione integrale del territorio e dell’ecosistema”, “l’esigenza di tutelare l’interesse naturalistico è da intendersi preminente su qualsiasi altro indirizzo di politica economica o ambientale di diverso tipo”. Nella stessa sentenza, il Consiglio di Stato ha anche attaccato frontalmente il concetto di “sviluppo sostenibile” quando applicato all’utilizzazione economica delle aree protette, proponendo di ribaltare completamente la prospettiva e parlare invece di “protezione sostenibile”, che ne è l’esatto contrario, consistendo invece “nei vantaggi economici ed ecologici diretti ed indiretti che la protezione in sé, considerata come valore assoluto e primario, procura” (DI PLINIO, 2008). Lo stesso autore si spinge ancora oltre, affermando addirittura che “la legge-quadro, all’art. 1, dichiara direttamente patrimonio naturale, cioè bene giuridico gli oggetti della natura e ne dichiara l’appartenenza al paese. 
Conseguentemente le aree protette sarebbero beni di proprietà collettiva, in cui l’appropriazione privata è ammessa solo in forma eccezionale, condizionata e subordinata”. Infatti, secondo l’art. 1, comma 3, della legge, le aree protette, il cui territorio è “sottoposto 
ad uno speciale regime di tutela e di gestione”, sono istituite innanzitutto con lo scopo di preservarne i valori ecologici e paesaggistici. La legge enumera però anche altre finalità, risolvendo così con un felice compromesso l’annosa disputa tra i fautori delle aree protette come “santuari della natura” e quelli che insistevano soprattutto sullo sviluppo economico delle stesse aree: tra gli obiettivi delle aree protette sono infatti anche (a) la conservazione dei valori ecologici e paesaggistici (“conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici e di equilibri ecologici”); (b) l’applicazione dei principi della gestione sostenibile che armonizzino l’ambiente naturale e le attività umane (“metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare un’integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali”); (c) la “promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili”; ed infine (d) la “difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici”. 
La Rete Natura 2000 per la protezione della flora, della fauna, degli habitat e delle loro interazioni

La Direttiva 92/43/CEE Habitat segna una svolta fondamentale, in chiave ecologica, della politica europea di conservazione della natura: si passa dalla tutela delle singole specie a quella dei sistemi ecologici (habitat = ecosistemi), considerando le relazioni ecologiche necessarie al loro mantenimento a lungo termine. L’entrata in vigore della Direttiva dell’Unione Europea “Uccelli” (79/409/CEE) e soprattutto di quella “Habitat” nel 1992 fa così compiere un deciso salto concettuale anche alle normative nazionali del settore, istituendo in modo rigoroso e chiaro una rete di aree protette ad un livello sovranazionale (la Rete Natura 2000), in grado di proteggere efficacemente tutte le specie animali e vegetali rare e minacciate su scala continentale, anche attraverso la protezione dei loro habitat, riconoscendo che un’efficace conservazione delle specie può essere ottenuta solo attraverso la conservazione delle interazioni tra di esse, cioè tutelando i loro habitat naturali. 

Panoramica di Campo Felice

 

La tutela penale di habitat e specie di interesse dell’Unione Europea 
L’imponente corpo normativo di derivazione europea è presidiato da altrettante norme di carattere generale (D.lgs. n. 42/2004 art. 181, opere eseguite in assenza di autorizzazione, c.p. art. 635, danneggiamento, c.p. art. 650, inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità, e c.p. art. 734, distruzione o deturpamento di bellezze naturali), da quelle sulle aree protette (L. n. 394/1991 art. 13 e 30, interventi non autorizzati in aree protette) e da nuove fattispecie di reato, introdotte nel codice penale dal D.lgs. n. 121/2011 (approvato in recepimento della Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente), che puniscono severamente ogni azione in danno agli habitat o alle specie protette. L’art. 733-bis c.p. vieta “la distruzione o il deterioramento (compromettendone lo stato di conservazione) di un habitat all’interno di un sito protetto”, mentre l’art. 727-bis c.p. vieta “l’uccisione, la cattura o la detenzione di esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta, nonché il prelievo o la detenzione di esemplari appartenenti ad una specie vegetale selvatica protetta”. 
Per “sito protetto” s’intendono le aree classificate come SIC o ZPS in base alla presenza di habitat e specie di interesse comunitario, mentre per “specie selvatica protetta” s’intendono quelle indicate nell’allegato IV della Direttiva 92/43/CE “Habitat” e nell’allegato I della Direttiva 2009/147/CE “Uccelli”, ovunque si trovino (quindi anche al di fuori del territorio protetto da SIC o ZPS). 
Secondo la Corte costituzionale, la tutela del paesaggio (che è uno dei principi fondamentali dell’ordinamento) va intesa nel senso lato della tutela ecologica e della conservazione dell’ambiente, che è un bene giuridico di valore primario e assoluto. Nel 2007, la Corte ha definito l’ambiente come valore costituzionalmente protetto, che ha come oggetto di tutela la biosfera, non solo nelle sue varie componenti, ma anche nelle interazioni fra quest’ultime, i loro equilibri, la loro qualità e la circolazione dei loro elementi: una definizione scientificamente ben fondata sui principi cardine dell’ecologia. Dopo quasi settant’anni dall’istituzione dei primi parchi nazionali e a venti da quella dei primi parchi regionali, l’Italia si è dotata finalmente, nel 1991, di una legge organica per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, la legge-quadro n. 394/1991. Secondo la legge, le aree protette sono istituite innanzitutto con lo scopo di preservarne i valori ecologici e paesaggistici, ma anche per altre finalità di tipo socio-economico, risolvendo così con un felice compromesso l’annosa disputa tra i fautori delle aree protette come “santuari della natura” e quelli che insistevano soprattutto sullo sviluppo economico delle stesse. 
Estratto dallo studio di Bruno Petriccione 
Associazione Appennino Ecosistema – L’Aquila
Si ringrazia l’autore per l’autorizzazione alla pubblicazione
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Ambiente

PARCO DELLA MAIELLA, DA SABATO ISPETTORI IN VISITA PER LA CANDIDATURA A GEOPARCO UNESCO

by Amministratore 19 Luglio 2019

Sabato alla badia morronese, sede del parco della Maiella, i valutatori scelti dal consiglio dell’Unesco global geoparks saranno accolti dai vertici dell’ente che ospiteranno in questi giorni i tecnici chiamati alla verifica della candidatura del Parco Maiella nella Rete mondiale dei geoparchi dell’organizzazione delle nazioni unite per l’educazione, la scienza e la Cultura.

Eremo Foto Maria Trozzi
Foto Maria Trozzi
Impegnativo il programma dei tecnici che visiteranno l’area protetta dal 20 al 24 luglio per accertare la valenza, soprattutto geologica, dell’area protetta e anche molti altri aspetti determinanti per decidere sulla candidatura del parco nazionale abruzzese a Geoparco Unesco. Una proposta che è stata avanzata dal Parco Maiella a novembre scorso e l’iter va avanti con attenzione e cura.
Il 20 luglio alle ore 16 all’abbazia di Santo Spirito al Morrone, sala Ciampa, non mancherà occasione per dimostrare le grandi potenzialità di un territorio che di fatto è il polmone verde tra i mar Tirreno e l’Adriatico. A testimoniare la volontà delle comunità che lo abitano saranno tanti amministratori locali pronti a far crescere queste piccole realtà montane in termini di sviluppo sostenibile per un’offerta turistica salutare e rispettosa dell’Ambiente che arricchirà di nuove opportunità e darà un futuro alle aree interne d’Abruzzo.
I valutatori cominceranno le loro visite partendo da Caramanico Terme (Pe), il 21 luglio visiteranno anche diversi siti archeologici, tra cui le capanne in pietra a secco di valle Giumentina e il riparo intitolato ad Ermanno de Pompeis, tappa al vallone di San Bartolomeo con l’eremo, (geosito) e, ristorati e riposati, gli ispettori raggiungeranno Bolognano (Pe) con sosta panoramica nella valle dell’Orfento di Decontra, poi a valle dell’Orta con visita alla Grotta scura dei briganti e partenza per Sant’Eufemia a Maiella (Pe) per una interessante visita al giardino botanico e poi al caratteristico borgo di Roccacaramanico, frazione di Sant’Eufemia, abitato da 2 sole persone. Il giorno dopo Fara San Martino, Guardiagrele, Pennapiedimonte, Lama dei Peligni, Palena sono solo alcune delle tappe per i valutatori che avranno tanto da conoscere sulla montagna madre e i suoi abitanti.
19 Luglio 2019 0 comment
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