A PROPOSITO DI MONDO VENATORIO….QUALCOSA DI NUOVO BOLLE IN PENTOLA

by Amministratore
Foto utilizzata nella campagna contro la caccia al capriolo in Piemonte

E’ notizia di questi giorni, diffusa in un’apposita conferenza stampa organizzata dalla Regione Abruzzo che “Il mondo venatorio cambia volto, gestione e organizzazione. Infatti l’obiettivo è quello di passare da una caccia ‘consumistica’ ad uno strumento di gestione e conservazione della fauna“. Questo ha affermato in conferenza stampa l’assessore regionale alla caccia Mauro Febbo.  «Nello specifico – la Regione Abruzzo, Provincia de L’Aquila e ISPRA sono i firmatari di una convenzione per la conservazione e corretta gestione delle specie coturnice e lepre italica, di particolare interesse naturalistico. Il progetto permetterà, attraverso un programma web, una più efficace gestione dati per monitorare sia i cacciatori che il mondo faunistico».

«L’ISPRA è firmataria anche di una convezione per la stesura del nuovo Piano Faunistico e Venatorio Regionale dove assumerà il ruolo di coordinamento scientifico. Nel nuovo Piano Faunistico saranno inseriti piani d’azione per la gestione di specie problematiche come  il Cinghiale, il Cervo, lo Storno e il Lupo». 
Ulteriore obiettivo regionale è quello rivolto all’attivazione dell’ Osservatorio Faunistico Regionale: struttura con il compito di coordinare gli interventi sul territorio tra aree protette e non protette,  monitorare la fauna, raccogliere dati e attività di prevenzione sia dei danni alle colture agricole sia per gli incidenti stradali, attuabili mediante l’adozione di un programma Web GIS». Si vuole, quindi, “regolamentare l’attività venatoria sulla base dei dati raccolti e modularla in relazione alle esigenze locali, per andare incontro alle richieste del mondo venatorio ma sempre nel rispetto di una corretta gestione della fauna secondo le prescrizioni UE e superare in questo modo le problematiche che si sono presentate fino ad oggi per l’elaborazione dei calendari venatori».
E’ stato realizzato un intenso lavoro a livello nazionale sulla materia, che ha originato anche un’indagine della Commissione Agricoltura della Camera relativa ai danni provocati dalla fauna selvatica. Il documento riepiloga le problematiche affrontate in un lungo ciclo di audizioni regionali. L’indagine è stata rivolta ad acquisire una completa informazione sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, sulla tipologia, sulla localizzazione geografica e sulla quantificazione economica dei danni denunciati, sulle colture danneggiate e sulle specie animali interessate, nonché sull’attività svolta dalle amministrazioni competenti e sull’insieme degli strumenti di cui si sono avvalse, con riferimento agli indennizzi richiesti ed erogati. Il problema di fondo affrontato è stato determinato dalla mancanza di dati certi, di una analisi quantitativa seria ed attendibile, che potesse permettere di ricostruire il quadro preciso del fenomeno (tipologia dei danni, quantificazione, tipo di colture danneggiate e specie animali interessate) e di conoscere la consistenza dei danni arrecati all’agricoltura dalla fauna selvatica. In tal senso assumono particolare rilevanza i dati contenuti nel documento approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.  Oltre ai danni alle colture sono ingenti anche i danni alla zootecnia, mentre le specie responsabili sono non solo specie cacciabili, ma anche specie protette, come ad esempio lo storno e il lupo. Molti dei dati raccolti, la cui rilevazione è spesso affidata alle associazioni venatorie, evidentemente parti in causa nella determinazione del fenomeno, e non ad enti qualificati, quali potrebbe essere l’ISPRA, che solo può disporre del personale e degli strumenti scientifici adatti ai censimenti, sono inficiabili. In questa ottica a nostro avviso andrebbe fortemente privilegiata la collaborazione con gli agricoltori, anziché quella con i cacciatori, che non hanno un reale interesse a far diminuire il numero degli animali sul territorio.
Il coinvolgimento delle aziende agricole è ipotizzato come una prestazione di servizi alla pubblica amministrazione competente nella gestione faunistica e dovrebbe prevedere un adeguato compenso economico, che può realisticamente essere recuperato dalla riduzione della spesa per gli indennizzi dei danni o comunque previsto nell’ambito del bilancio ordinario destinato agli interventi per la gestione della fauna e dell’attività venatoria. Accanto alle problematiche legate alle specie cacciabili, l’altro importante filone dell’indagine si è sviluppato in merito ai danni arrecati all’agricoltura da parte di specie protette.
In tale direzione le azioni non possono che essere legate alla mitigazione e al contenimento dei danni attraverso investimenti strutturali e, soprattutto, attraverso un’attenta verifica e analisi delle modalità di gestione di alcune attività, come quella d’allevamento, che non può più svolgersi allo stato brado: tale tecnica infatti favorisce la predazione da parte di specie per le quali si è anche andata riducendo la disponibilità delle originarie prede selvatiche.
Il problema più spinoso con riguardo ai danni inferti da specie protette quali ad esempio il  lupo, attiene inoltre alle difficoltà di accertare se la responsabilità dei danni sia imputabile alla specie o alla presenza dei cosiddetti ibridi, che in alcune aree rurali sono diventati sempre più numerosi.
Il  lupo è il nemico cattivo di sempre?

C’è un fermento elaborativo e risolutivo in Abruzzo su tali tematiche, volendo forse colmare distanze amministrative e normative sia con l’Unione Europea che con altre Regioni che già da tempo si sono espresse regolando la materia.
C’è ancora di più. E’ di fine febbraio una interessante sentenza della Corte Costituzionale che definisce: illegittimi i calendari venatori promulgati come Legge. Con la sentenza 20/2012 la Corte Costituzionale dichiara fuori legge i calendari venatori di Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo, provincia di Trento e Bolzano. D’ora in avanti devono essere emanati come atto amministrativo e non più come legge. con questa sentenza viene quindi ribadita la potestà esclusiva dello Stato in materia di tutela delle specie cacciabili.
Una sentenza storica che rende fuorilegge i calendari venatori delle Regioni indicate, per il quale la Consulta si è dichiarata. “Cade anche la strategia di alcune Regioni di raggirare le indicazioni nazionali e comunitarie attraverso lo strumento della legge”, hanno affermato Animalisti italiani, Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu-Birdlife Italia, Vas e Wwf Italia a proposito della sentenza n. 20/2012, “Le regioni si conformino rapidamente alle regole di tutela ambientale, non solo per le deroghe ma anche per i calendari venatori”. Il calendario venatorio, secondo la corte, non potrà più essere promulgato con un progetto di legge, ma con un atto amministrativo. La grande differenza è nel fatto che ora le associazioni ambientaliste potranno, eventualmente, impugnare i calendari venatori, la precedente procedura non lo avrebbe consentito.  “La scelta che si provveda con atto amministrativo”, ha affermato nella sentenza la Corte, “è l’unica coerente (…) e si inserisce armonicamente nel tessuto della legge n. 157 del 1992” non solo perché consente “ai cittadini e alle loro organizzazioni rappresentative la possibilità di tutelare i propri interessi legittimi dinanzi al competente giudice amministrativo (…) ma anche e soprattutto perché mantiene aperta la possibilità di agire in modo rapido sui contenuti del calendario venatorio stesso qualora si ravveda la necessità di intervenire, porre in essere nuove tutele, rivedere tempi, luoghi e specie cacciabili o anche le modalità con cui l’attività venatoria viene prevista”.
La Consulta ha così ribadito che “la selezione, sia delle specie cacciabili, sia dei periodi aperti all’attività venatoria, implichi l’incisione di profili propri della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che fanno capo alla competenza esclusiva dello Stato” e dunque “il legislatore nazionale ha titolo per imporre alle Regioni di provvedere nella forma dell’atto amministrativo, anziché in quella della legge”.
L’effetto su quasi tutte le regioni del Centro e del Nord Italia sarà dirompente e vedrà probabilmente crollare gli impianti venatori in vigore, perché le leggi di alcune Regioni da questo momento, devono considerarsi illegittime, così come illegittimi saranno tutti gli eventuali atti, anche provinciali, che ne verranno eventualmente dedotti.
Postilla di non poco conto: la Corte ha anche ribadito l’obbligo, previsto dalla elegge 157/92, di emanare il calendario venatorio “entro e non oltre il 15 giugno di ogni anno”. Un vincolo che era stato ampiamente disatteso da molte Regioni e che da oggi andrà rispettato strettamente.
Le associazioni ambientaliste gridano vittoria. E a questo punto in difficoltà non dovrebbero più essere caprioli e daini, volpi, lupi….cinghiali, travolti dalla neve, ma la futura attività domenicale all’aria aperta della lobby delle doppiette.

Con questo post riportiamo fatti documentali di pubblico dominio, posizionandoci come sempre, però, dalla parte degli animali!

Per un mondo di fucili inoffensivi: W le merende condivise!

Per saperne di più:
http://www.tutelafauna.it/News/Caccia/Corte_Costituzionale_Sono_Illegittimi_I_Calendari_Venatori_Promulgati_Come_Legge.kl 

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