L’ATTACCAMENTO ALLA VITA DELLA PIANTA DI MANDORLO CRESCIUTA SUL CAMPANILE DELLA CHIESA DELLA BEATA CRISTINA

by Amministratore
Il campanile della Chiesa della Beata Cristina da Lucoli: sulla sinistra la pianta di mandorlo cresciuta tra le pietre –
Foto di Gianni Soldati
Particolare con il mandorlo – Foto di Gianni Soldati
Sono più di cinquant’anni che quella pianta è lì e potremmo giustamente dire “non cresce e non crepa“, è stata anche tagliata diverso tempo fa (nel 1984 durante il restauro della Chiesa), ma non ne furono estirpate le radici e, quindi, si è risviluppata.
La realtà di oggi è che continua a vegetare sul campanile di una chiesa inagibile, che, rovinosamente, sta per affrontare un altro inverno dopo il sisma del 2009.
La forza di certe piante che crescono nel grigio delle pietre, che bucano gli intonaci, che vivono con niente… non è forse commovente? 
La forza di madre natura che ci avverte: non siamo onnipotenti. Basta lasciare una casa, un edificio nelle sue mani perché venga inghiottito, ricoperto, invaso da erbe, edere, piante, rami, fronde, frasche, virgulti, germogli, rampicanti, arbusti, cespugli.
Ci viene in mente una massima di Heiddeger: “Ciò che minaccia l’uomo nella sua essenza è l’ingannevole convinzione che, attraverso la produzione, la trasformazione, l’accumulazione e il governo delle energie naturali, l’uomo possa rendere agevole a tutti e in genere felice la situazione umana“. 
Che strano destino accomuna, oggi, quella pianta di mandorlo alla Chiesa della Beata Cristina: ambedue sono in una condizione di precarietà, lottano per la loro esistenza, la prima è condannata alla consunzione, la seconda è condannata ad aspettare le risorse economiche per il suo restauro…….cercando nel frattempo di non crollare viste le sue profonde lesioni.
Sarebbe bello trovare soluzioni a lieto fine: in fondo il mandorlo che lotta per la vita se la potrebbe essere meritata un’aspettativa di sopravvivenza in un terreno “normale” e, la Chiesa come da piano di ricostruzione comunale (per l’intero aggregato €936.000,00) e stanziamenti del Mibac (€650.000,00 erogabili nel 2018) potrebbe essere sanata, visto che, sulla carta, i soldi ci sarebbero.
E’ impossibile non collegare il mandorlo del campanile a Silone (autore del libro: “Ai piedi di un mandorlo”), al suo pensiero, agli innumerevoli fili rossi che collegano molti dei suoi scritti con i tratti salienti degli abruzzesi “il fattore costante” dell’esistenza degli abruzzesi “è appunto il più primitivo e stabile degli elementi, la natura”. La natura è quindi la struttura, e da essa deriva ogni sovrastruttura, compresa anche la configurazione spirituale, poiché “nel quadro severo delle montagne e delle difficili condizioni di vita da esse determinate, il profilo spirituale dell’Abruzzo è stato modellato dal cristianesimo”. Il radicarsi di una religiosità tenace in cui l’intransigenza cristiana (di cui Pietro da Morrone è “una figura limite, un archetipo”) si intreccia con una peculiare sopravvivenza di “miti e usanze pagane” che sono “raffigurazioni simboliche degli istinti e delle forze naturali”, si spiega appunto con la condizione di “permanente difesa da un ambiente fisico ostile”. 
Il mandorlo cresciuto sul campanile è “antropologicamente autoctono” è un archetipo (anche se botanico) rappresenta anche il contesto umano del territorio, che resiste ad un ambiente fisico ostile ed oggi cerca di ricostruire le sue case e le sue chiese dopo un terremoto.
C’è di più: secondo una tradizione ebraica, è ai piedi di un mandorlo che si troverebbe la via che permette di accedere alla misteriosa città sotterranea di Luz, dimora dell’immortalità. Giacobbe ebbe la visione proprio presso una città di nome Luz (cf Gen 28,19). Ciò suggerisce che bisogna rompere il guscio, affinchè la mandorla, prima invisibile, si riveli; lo stesso vale per il segreto che è in noi, ossia la vita nuova che è l’immortalità. In Geremia si sarebbe potuta ricorrere ad un’altra metafora, un altro albero, un altro fiore, ma si usa proprio il mandorlo e non è un caso. Infatti, questi versetti, nella versione ebraica, mostrano un gioco fonetico: il termine saqed, «mandorlo», è un nome derivato dal verbo saqad, «vigilare, vegliare, essere attenti», forse anche in forza della forma stessa di questo frutto. È più che naturale che paragoniamo la mandorla ad un occhio ed è l’occhio il nostro organo che «osserva, vigila».
Il mandorlo del campanile, perdendoci nella libertà dei pensieri, e nelle giravolte tematiche, potrebbe essere lì per “vigilare” sulla Chiesa, sulla gente, su tutto…è per questo che non è mai morto?
Se il mandorlo avesse fatto mai un frutto potremmo proporre un altro accostamento ed un possibile, ulteriore, significato recondito: nel cristianesimo la mandorla è Cristo, la cui natura divina rimane dissimulata dalla natura umana, e ancor prima, nel corpo della Vergine. E’ per questo motivo che, spesso, nell’iconografia medievale Cristo in maestà, e talvolta anche la Vergine, sono rappresentati nel seno della mandorla mistica.
Con lo sguardo all’insù, concentrandoci sui rami di un’umile pianta (che probabilmente tante persone non hanno mai notato) che dal punto di vista simbolico, rappresenta l’essenziale celato sotto l’apparenza, sotto l’accessorio; quindi, il cuore dell’essere, il divino nell’uomo, abbiamo lanciato degli spunti di pensiero, chiedendo aiuto ad un filosofo ad uno scrittore e perfino ad un Profeta. 
Ci sembra che la sintesi dei nostri pensieri in libertà converga sull’attaccamento all’esistenza e sulla tenacia necessaria per perseguirlo: sia esso delle cose, delle piante, degli uomini e dei loro beni culturali che rappresentano ciò che i padri hanno costruito e lasciato.

Vincent Van Gogh – Rami di Mandorlo in fiore

You may also like

Leave a Comment