CONDIVIDERE E’ CONSERVARE: Il Giardino della memoria dell’Abbazia di San Giovanni Battista a Lucoli è una stella nel cielo della biodiversità e della consapevolezza

by Amministratore
Ieri il gruppo dei Volontari della Protezione Civile della Valle d’Aosta ha adottato una pianta di pesco platicarpa che vegeta nel Giardino della Memoria di Lucoli. La pesca “tabacchiera” come viene comunemente chiamata, un frutto antico che abbastanza raramente si trova nei mercati.
Pesca “tabacchiera”

Il Giardino della Memoria di Lucoli è un luogo che da’ pace e la pace è il presupposto per arrivare alla consapevolezza, per capire meglio ciò che abbiamo intorno e ciò che abbiamo dentro di noi. Siamo felici se vengono adottati gli alberi appartenenti alle specie antiche che, con pazienza, abbiamo recuperato dai poderi dismessi dell’aquilano con l’aiuto del vivaista Enzo Sebastiani.
Scrive Beti Piotto*, ricercatrice di origini argentine dell’ISPRA, che è convinta dei benefici, sia spirituali sia materiali, che si possono ricavare da questo Giardino. Lei ha adottato una pianta di pero che la fa sentire attivamente e profondamente “dentro” questa idea.
Proseguiamo con le sue parole: NoixLucoli Onlus ha pensato ad una collezione viva per ricordare quelli che vivi rimarranno nel nostro pensiero, parlo di quei 309 del terremoto del 2009.  Abbiamo pensato che era delicato e perché no ecologico onorare la vita con vita ed ecco il perché della costituzione di questo giardino-frutteto di antiche varietà. Cari amici, c’era un tempo, non lontanissimo, in cui le varietà locali di frutta erano una risposta adattativa alle condizioni del luogo.  Una varietà era idonea a “quel” sito e non ad altro.  C’era un tempo in cui nell’orto erano presenti varietà diverse di specie diverse che, in successione, assicuravano frutta per un lungo periodo dell’anno e quando finiva la fruttificazione erano materia prima di marmellate e conserve.
Poi arrivò un tempo, detto globalizzazione-con-allegata-grande-distribuzione, in cui la frutta doveva andar bene per tutti: Nord-Sud-Est-Ovest.  La caratteristica fondamentale della frutta da produrre era fondata sull’aspetto (bellezza, colore e pezzatura) e la conservabilità nel trasporto e nelle camere frigorifere. E basta!  Non erano più importanti le proprietà organolettiche come sapore, odore, proprietà nutraceutiche (presenza di vitamine, antociani, ecc.).  Non risultava più indispensabile quell’insieme di qualità che descrive il “frutto buono”.  Questi sentimentalismi non erano e non sono previsti nella globalizzazione perché il fondamento è che oggi poche varietà (peraltro fortemente imparentate dal punto di vista genetico) debbono valere per tutti, per tutto, ovunque, in modo tale da uniformare tecniche di allevamento e di conservazione prima della vendita. 
Vuoi che una mela che non sa di niente divenga più saporita? Gli metti uno sciroppo, un top-dressing, un cioccolato liquido.  I problemi del commerciante finiscono appena ha piazzato il prodotto; da lì in poi sono fatti tuoi.
Oggi però cresce la coscienza: si capisce, ma anche si intuisce, che non è un modello perfetto quello che, uniformando, omologando, banalizzando, ci fa perdere variabilità genetica e ci priva di una parte del nostro “paesaggio gustativo e olfattivo annidato nella memoria”.  E’ così che attualmente numerosi istituti di ricerca e associazioni recuperano e conservano le antiche varietà di frutta ovvero tesori vivi.  Tesori perché la diversità è ricchezza che fornisce geni per affrontare avversità mentre l’omogeneità è confrontabile al deserto biologico (pensiamo solo alla minaccia che viene dal riscaldamento globale, che tutto sta stravolgendo). 
Ricordiamolo, sottolineiamolo, mettiamolo in testa: davanti a qualsiasi minaccia la vita avrà qualche chance solo se ci saranno individui o popolazioni che riescono a convivere col cambiamento, a sopravvivere ed a trasmettere quei geni che hanno consentito l’adattamento.  La diversità della vita, ovvero la biodiversità, è un’assicurazione per tutti noi, è una enorme cassaforte APERTA e ALL’APERTO pronta a offrire quel che serve per affrontare eventuali avversità.  Ricordiamo comunque che ci sono anche casseforti chiuse come le Banche del Seme che svolgono funzioni complementari alla diversità spontanea”.
*La Dott.ssa Beti Piotto, del Dipartimento Difesa della Natura di ISPRA, ha ricevuto il 13 dicembre 2012 la Laurea Honoris Causa da parte della prestigiosa Università Nazionale di Cordoba  per i meriti scientifici acquisiti nel settore della conservazione della biodiversità e della protezione dell’ambiente. Siamo onorati di averla come nostra socia.

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