MICHELE PALUMBO POETA E SCRITTORE. UN’ALTRA FIGURA DI LUCOLI DA RICORDARE

by Amministratore

Casa natale di Michele Palumbo a Lucoli Alto – foto di Gianni Soldati
Targa commemorativa della figura del poeta – foto di Gianni Soldati
Michele Palumbo nacque a Lucoli Alto l’8 aprile del 1811, da Fiore Palumbo e da Caterina Ratini, definiti possidenti. Ebbe due sorelle e due fratelli, con uno soprattutto Nicola, che divenne ecclesiastico, ebbe un rapporto di grande affetto.
Ricevette tutti i sacramenti nell’Abbazia di San Giovanni Battista è per questo che amò così tanto questo luogo, ove visse alcuni degli ultimi anni della sua vita, lontano da un mondo che aveva paura della sua malattia.
Fece le scuole elementari a Lucoli e poi fece il liceo a l’Aquila dai padri Gesuiti. C’è una testimonianza del duca Giuseppe Rivera nel libro “La Città dell’Aquila negli ultimi anni della Monarchia Napoletana“, Aquila 1913, vol. I p. 202 che cita: “Michele Palumbo, nato a Lucoli il dì 8 aprile 1811, sortì dalla natura una spontanea vena poetica, per cui si fe’ ammirare fin dalla sua più giovane età. Adulto, dopo aver compiuto lodevolmente nell’Aquila gli studi letterari, seppe confermarsi l’acquistata fama scrivendo con elevati concetti odi, inni, canzoni, sonetti ed anche qualche tragedia, per cui non si omise di ascriverlo alla patria Accademia dei Velati. Egli ebbe inoltre una ferrea memoria, e si racconta che dopo la cena del carnasciale nel suo paese nativo, recitò la intera predica del Segneri del mercoledì delle Ceneri, innanzi ai migliori del luogo ed al quaresimalista, per modo che la costui orazione il dì seguente scadde pienamente al confronto di quella già ascoltata dal celebre oratore sacro”.
La sua vita fu sfortunata a soli 21 anni fu colpito da un tumore maligno al viso che lo rese orribile di fronte alla gente. Lui stesso così descrisse la sua malattia:
Mi son posto nel letto, il lume ho spento
Per non mirar la mia piaga profonda;
Ma dalla fascia che da quella gronda
Fra le tenebre folte il puzzo io sento.
Sorge mesta la luce e mi spavento
La piaga nel mirar fatta più immonda;
Un terrore m’invade e mi circonda,
E invan l’idea di allontanarlo tento.
Io mi consumo a poco a poco e provo
Quanto ha di affanno e di terror la morte,
E se non morirò pace non trovo.
Prima consunto che sepolto io sono:
E il sol conforto di  un dolor si forte
E’ la speranza di ottener perdono”.
Era devoto alla Madonna di Peschio Cancello, dove lui e suo fratello erano stati graziati dalla Vergine (Poemetto, II 16-17). 
“L’immagin di Maria, ove sovente,
Là presso al balzo della patria valle,
Va la divota Lucolana gente
A cercar grazie pel petroso calle…
Quant’è miracolosa! I suoi divoti 
Non son partiti  mai mesti e scontenti;
Prende qualunque don, non sdegna i voti,
Rassicura nei dubbi i più dolenti:
E tu figlio lo sai e a te sono noti
Gli oprati agli altri e a te veri portenti:
Io pur spesso qui venni e si compiaque
Sanarmi un tuo fratel con le chiare acque”. 
La chiesa rupestre di Peschio Cancelli
Una vecchia foto della Madonna di gesso della Chiesa di Peschio Cancelli ora restaurata e collocata nell’Abbazia di San Giovanni Battista
Nel 1840, evitato dalla gente per il timore di contagio, si ritirò in una stanza dell’Abbazia di San Giovanni Battista per condurvi una vita da asceta oltre che da martire del suo male che lo porterà alla morte dopo diciannove anni.
Nove anni più tardi si aggravò e fu costretto a tornare nella sua casa per essere assistito da qualche familiare. Morì nell’agosto del 1851 a quarant’anni.
Tratto da: Rivista Abruzzese – Rassegna trimestrale di cultura Anno IV – 1951 N. 2 – Chieti aprile-giugno.
La sua eredità letteraria fu dispersa dagli eredi incapaci di apprezzarne il valore, molti di questi furono acquistati da emmiratori e paesani e furono recuperati con pazienti ricerche da Giulio Alfonso Palumbo un suo pronipote.
Il suo valore letterario è riconosciuto in tutto l’Abruzzo, l’esser stato membro dell’Accademia dei Velati, fu un indubbio merito. Le sue opere meriterebbero maggiore divulgazione a Lucoli, degna di nota la pubblicazione “Lucoli Medievale – Michele Palumbo” di Aniceto Chiappini, realizzata nel 1986 dall’Amministrazione Comunale di Lucoli.

L’Aquilana Accademia dei Velati
La prima accademia di cui si ha notizia nella storia d’Abruzzo è l’Accademia dei Fortunati, nata all’Aquila nel 1579. Tra gli accademici Salvatore Massonio (1559-1629), personaggio di grande rilievo, medico storico e scrittore. Con il nome pastorale di “Avviluppato”, Massonio diede un forte impulso all’Accademia dei Fortunati, della quale fu per sette volte eletto Principe. Altre insigni personalità della cultura e della società aquilana del tempo l’affiancarono, come Amico Agnifili, Flaminio Antonelli, Baldassarre Cappa per citarne solo alcuni. Eppure, appena vent’anni dopo, per incuria ed indifferenza di gran parte dei soci, l’Accademia fu sul punto d’estinguersi. Ma la città viveva in quel periodo un grande fervore intellettuale, specie ad opera della Compagnia di Gesù che vi aveva aperto l’Aquilanum Collegium. Infatti, si deve proprio ad un gesuita, padre Sertorio Caputo – filosofo e matematico, nato nel 1556 a Paterno Calabro e morto in odore di santità nel 1608 all’Aquila, dov’è sepolto in una cappella della chiesa dei Gesuiti – la salvezza dell’accademia, rinnovata e mutata nel nome in Accademia dei Velati nel 1598. La sede dell’istituzione era nello splendido Palazzo del Magistrato – ora municipio del capoluogo regionale – proprio di fonte alla chiesa dei Gesuiti, progettato da Pico Fonticulano e già residenza di madama Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V e governatrice dell’Abruzzo. Lo stemma dell’Accademia era un’aquila in volo tra le nubi,  coltivò studi in diversi campi dell’intelletto, dalla filosofia alla matematica, dalla retorica alla filologia, dalla storia alla poetica.
Le sorti dell’Accademia furono senza particolari menzioni fino al 1971, quando due matematici dell’Università dell’Aquila, i docenti Franco Eugeni e Serafino Patrizio, costituirono il Circolo dei Velati, in ricordo dell’antica Accademia, chiamando a presiederlo il prof. Franco Pellegrino. Fu una vera fucina di iniziative culturali e scientifiche multidisciplinari, nella quale si cimentarono in studi e ricerche molti giovani docenti dell’ateneo aquilano. Nel ‘98, ricorrendo il quarto centenario dalla fondazione dell’antica Accademia dei Velati, nasce l’Accademia Picena Aprutina dei Velati (APAV) alla cui guida è chiamato il prof. Franco Eugeni, instancabile animatore delle attività accademiche fino a tutt’oggi. L’istituzione si dota d’una piattaforma informatica di notevole potenza, per lo sviluppo delle sue attività formative e culturali. Attualmente l’Accademia cura per l’Università di Teramo master telematici seguiti da 800 allievi, mentre in collaborazione con l’università “Petre Andrei” di Iasi ha attivato on line il corso di laurea in Scienze economiche e quello per la laurea specialistica in Management europeo, collegati alla Facoltà di Economia dell’ateneo romeno. Nell’ultimo decennio notevole è lo sviluppo delle attività dell’Accademia, nel frattempo insediatasi nella splendida Badia di S. Maria di Mejulano, a Corropoli, cittadina in provincia di Teramo.
Parzialmente tratto da: http://www.faronotizie.it/pdf/2008/2008_11/Le%20attivit%E0%20dell’accademia.pdf

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