IL PIANO NAZIONALE DI ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI E’ AGGIORNATO. SI RIUSCIRA’ A CALARLO NEI TERRITORI?

by Noi x lucoli
siccità

Finalmente dopo che è stato fermo per diversi anni, è stato pubblicato sul sito del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

Il testo, aggiornato rispetto alla versione del 2018, sarà ora sottoposto alla consultazione pubblica prevista dalla procedura di Valutazione Ambientale Strategica. Si tratta di uno strumento di programmazione essenziale.

Già l’avvio di questo importante strumento è di fondamentale importanza, inoltre oltre a trattare di diversi ambiti, ciò che va maggiormente evidenziata è l’attenzione al nostro patrimonio culturale-architettonico e al paesaggio.

La conoscenza dell’impatto dei cambiamenti climatici sul patrimonio culturale in Italia si basa, innanzitutto, sull’identificazione dei parametri climatici prioritari che ne determinano il degrado sia in ambiente esterno (principalmente patrimonio architettonico, archeologico, etc.) che in ambiente interno (musei, chiese, ipogei, etc.).

La valutazione della vulnerabilità e dei rischi cui il patrimonio culturale della tradizione agricola e non solo è soggetto, lo studio dei diversi materiali che costituiscono i beni diffusi sul territorio e le forme di degrado che li interessano – in relazione alle particolarità ambientali, alle caratteristiche del paesaggio, all’impatto antropico – costituiscono il tema prioritario nella messa a punto di strategie di protezione, controllo e prevenzione del danno per la conservazione del patrimonio culturale stesso.

Inoltre, per quanto riguarda il paesaggio, la sua vulnerabilità legata all’evoluzione di fattori culturali e socioeconomici è aggravata dalla presenza di rischi naturali, connessi alla realtà fisica del suo ambiente, fra i quali assumono un ruolo rilevante sia le caratteristiche geomorfologiche sia i fattori climatici del contesto territoriale. Con riferimento diretto ai rischi climatici, è utile citare il surriscaldamento termico che sta creando problemi di trasformazione del paesaggio con lo spostamento in quota dei limiti altitudinali delle fasce di vegetazione, mentre, sempre a titolo di esempio, la vulnerabilità dei paesaggi dell’area mediterranea, per sua natura più calda e arida, risulta essere fra le più critiche per i processi di desertificazione in atto, oltre alla registrata tendenza di incremento della frequenza di eventi estremi che comporta un aumento di rischio di danneggiamento e di perdita irreversibile di paesaggi ed edifici storici.

È necessaria sicuramente l’unione di diversi campi scientifici, tra cui climatologia, fisica dell’atmosfera, idrologia, idraulica, geologia, geomorfologia, idrogeologia, ingegneria geotecnica, scienze del suolo, scienze ambientali.

La nostra Associazione è impegnata in un territorio montano e siamo particolarmente attenti ai cambiamenti climatici che ci circondano. In generale la criosfera, l’insieme di neve, ghiacciai e permafrost, è fortemente impattata dai cambiamenti climatici: negli ultimi decenni la durata e lo spessore della neve si sono fortemente ridotti così come lo stock idrico nivale che si accumula ogni anno a fine inverno. I ghiacciai hanno già perso dal 30 al 40% del loro volume. Le montagne sono un territorio particolarmente sensibile ai pericoli naturali legati essenzialmente all’intensificazione del ciclo dell’acqua ed ai cambiamenti della criosfera entrambi fattori importanti nel controllo della stabilità di pareti e versanti.  La degradazione del permafrost può ridurre la stabilità dei pendii e incidere sulla stabilità delle infrastrutture in alta montagna (funivie, rifugi, edifici, tralicci). Le valanghe di ghiaccio, la caduta di seracchi e lo svuotamento improvviso di sacche d’acqua glaciali sono processi legati all’interazione tra il riscaldamento globale e la naturale evoluzione dei ghiacciai. Infine, è fondamentale sottolineare come i cambiamenti climatici stanno modificando le attività alpinistiche. Molti itinerari sono stati modificati e rivisti. Coerentemente con le recenti Direttive del Dipartimento Protezione civile nazionale, l’azione delle autorità responsabili deve essere rivolta esclusivamente alle zone antropizzate e alle infrastrutture, mentre l’attività alpinistica deve essere lasciata alle valutazioni del singolo alpinista e dei professionisti della montagna come le Guide alpine.

Maggiormente ci interessano (e angustiano) le modifiche del ciclo idrologico e il conseguente aumento dei rischi che ne derivano. Le risorse idriche sono fondamentali per uno sviluppo equo e sostenibile e la sicurezza idrica è un requisito fondamentale per lo sviluppo economico, la produzione alimentare, l’equilibrio sociale, la competitività delle imprese e la tutela dell’ambiente naturale. Nel 2020 si è registrato un calo delle precipitazioni rispetto al periodo climatico 1971-2000 (CLINO: Normale Climatologica di riferimento). Di conseguenza l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha classificato l’Italia come un paese soggetto a stress idrico medio-alto. Il nostro Giardino della Memoria del Sisma del 2009 vive in continuo stress idrico nei mesi estivi. Le scarse precipitazioni e gli interventi antropici rendono la disponibilità di acqua ancora più carente provocando molte patologie alle piante da frutto.

Nelle foto la carenza idrica provoca la caduta dei frutti. Foto di Fausto Moretti

A seguito dell’approvazione del PNACC si aprirà una seconda fase del percorso, finalizzata a garantire l’immediata operatività del Piano mediante il lancio delle azioni e si prevede la pianificazione ed attuazione delle azioni di adattamento nei diversi settori attraverso la definizione di priorità, ruoli, responsabilità e fonti/strumenti di finanziamento dell’adattamento e, infine, la rimozione sia degli ostacoli all’adattamento costituiti dal mancato accesso a soluzioni praticabili, sia degli ostacoli di carattere normativo/regolamentare/procedurale. I risultati di questa attività convergeranno in piani settoriali o intersettoriali, nei quali saranno delineati gli interventi da attuare.

Una volta approvato con Decreto ministeriale, si insedierà anche:

  • l’Osservatorio Nazionale, che dovrà garantire l’immediata operatività del Piano attraverso l’individuazione delle azioni di adattamento nei diversi settori. Definirà le priorità, individuerà i soggetti interessati e le fonti di finanziamento, oltre che le misure per rimuovere gli ostacoli all’adattamento. I risultati di questa attività potranno convergere in piani settoriali o intersettoriali, nei quali saranno delineati gli interventi da attuare.
  • Un Forum permanente, per la promozione dell’informazione, della formazione, e della capacità decisionale dei cittadini e dei portatori di interesse.
Su quali attività saranno coinvolti i singoli territori?
Sulla conoscenza delle criticità geologiche e idrauliche di riferimento e sui rischi ad esse associati; sul miglioramento dei modelli per la simulazione e la previsione degli impatti su differenti orizzonti temporali; sul miglioramento del monitoraggio del territorio per la produzione di basi dati aggiornate; sul miglioramento della gestione delle emergenze da parte delle amministrazioni a tutti i livelli e aumento della partecipazione della popolazione; sul miglioramento della gestione e della manutenzione del territorio; sul miglioramento della conoscenza dello stato dei manufatti e delle infrastrutture per aumentarne la resilienza.

Ci auguriamo che quanto illustrato non rappresenti solo i buoni propositi della politica: se l’aspettativa è quella di vedere crescere la temperatura media di 1,2 gradi l’emergenza idrica per il Giardino della Memoria potrebbe risultare drammatica. Ciò comporterà inevitabilmente ondate di caldo eccezionali come quelle del 2022. 

You may also like

Leave a Comment