NOI X LUCOLI
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Il Paese di Lucoli nelle “aree interne” dell’Abruzzo

by Noi x lucoli 14 Febbraio 2023

Pubblichiamo alcuni spunti di un interessante studio sull’ Abruzzo realizzato da Openpolis.

Negli ultimi decenni l’Abruzzo ha visto un forte spopolamento delle sue aree interne.

Nonostante in regione viva più o meno lo stesso numero di persone di 70 anni fa, al proprio interno l’Abruzzo è differenziato. Alcuni ricercatori e ricercatrici che si occupano proprio delle aree interne abruzzesi stanno effettuando degli studi per provare a capire le ragioni profonde del fenomeno e immaginare soluzioni praticabili.

L‘Abruzzo ha oggi grosso modo la stessa popolazione del 1951: 1,28 milioni di persone. Ma si tratta di una stabilità solo apparente. In primo luogo perché il numero di abitanti è cambiato nel corso dei decenni. È passato, infatti, da 1,28 milioni del dopoguerra a 1,17 milioni agli inizi degli anni ’70, con una diminuzione di quasi il 9% in appena un ventennio caratterizzato dal boom economico, la crescita dell’industrializzazione e l’abbandono dell’agricoltura.

Negli anni successivi si è registrato invece il trend opposto. I residenti sono tornati sopra la soglia di 1,2 milioni nel 1981, raggiungendo quasi 1,25 milioni nel 1991 e arrivando a 1,3 milioni nel 2011. Nell’ultimo decennio, la tendenza ha nuovamente cambiato segno. Nel 2020 i residenti nella regione sono tornati 1,28 milioni, con un aumento dello 0,3% rispetto a 70 anni prima. Si tratta di una percentuale molto inferiore al dato nazionale (+24,6% nello stesso periodo). Ancora più interessante dettagliare queste tendenze nei territori abruzzesi. Dal 1951 al 2020 la provincia di Pescara ha visto un aumento dei residenti del 30,9%, quella di Teramo del 10,7%. Al contrario, le province di L’Aquila e Chieti hanno registrato un calo rispettivamente del 20% e del 6,2%.

Lucoli appartiene alle aree interne che riguardano tutti i comuni dove lo spopolamento è stato più vistoso.

Colle di Lucoli un deserto – Foto Rita Mikucionyte

Le aree interne sono i comuni italiani più periferici, in termini di accesso ai servizi essenziali (salute, istruzione, mobilità). Per definire quali ricadono nelle aree interne, per prima cosa vengono definiti i comuni “polo”, cioè realtà che offrono contemporaneamente (da soli o insieme ai confinanti):

  1. un’offerta scolastica secondaria superiore articolata (cioè almeno un liceo – scientifico o classico – e almeno uno tra istituto tecnico e professionale);
  2. almeno un ospedale sede di d.e.a. I livello;
  3. una stazione ferroviaria almeno di tipo silver.

Nella precedente classificazione delle aree interne, adottata nel 2014, i comuni che distano meno di 20 minuti dal polo più vicino si definiscono “cintura”; quelli che distano oltre 20 minuti rientrano nelle aree interne. Le aree interne si suddividono a loro volta in 3 categorie, sempre in base alla distanza dal polo: comuni intermedi, comuni periferici, comuni ultraperiferici.

Complessivamente le aree più periferiche hanno perso nel periodo quasi 100mila abitanti dal 1951 e 2020, di cui 11mila nell’ultimo decennio.

97.231 gli abitanti persi nei comuni periferici e ultraperiferici abruzzesi tra il 1951 e il 2020.

Come invertire la tendenza allo spopolamento dei territori più tradizionalmente rurali e periferici?

Le possibili soluzioni sono molteplici e complesse come il problema. L’unica certezza è la necessità e l’urgenza di politiche pubbliche decise e coraggiose.

35,9% degli abruzzesi abita in comuni delle aree interne (in Italia è il 22,7%). E qui si arriva al punto: l’importanza dell’intermunicipalità, ossia della costruzione organica di pianificazione delle politiche e di relazioni tra comuni periferici, ma anche tra le stesse aree interne e le zone più urbane. In questi anni, infatti, è emersa l’importanza strategica di un dialogo tra questi due mondi, al fine di disegnare una visione di futuro.Da questi concetti si può partire per la pianificazione di politiche pubbliche funzionali per la lotta allo spopolamento. Da un radicale rafforzamento dei servizi essenziali per la popolazione, allo sviluppo turistico o produttivo, fino alle politiche per la genitorialità e per una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
https://www.openpolis.it/sullo-spopolamento-dellabruzzo-interno-servono-politiche-urgenti/
https://www.openpolis.it/il-piano-di-ripresa-e-resilienza-a-sostegno-dei-crateri-sismici-dabruzzo/
14 Febbraio 2023 0 comment
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Territorio

L’Abruzzo non potrà mai dimenticare l’impegno dei Vigili del Fuoco. A Lucoli ha lavorato nel 2009 Paolo Muneretto, veneto, che ama tornare in questo territorio.

by Amministratore 22 Settembre 2021

Trema la terra in Abruzzo

Notizia del 06 aprile 2009

6 aprile, ore 3.32: la terra trema. Viene registrata una scossa di 5,8 gradi della scala Richter con epicentro a pochi chilometri dal centro del L’Aquila e a circa 5 km di profondità. Il sisma viene avvertito in tutto il centro-sud, dalla Romagna a Napoli.

Oltre L’Aquila, i paesi più colpiti sono Santo Stefano di Sessanio, Castelvecchio Calvisio, San Pio, Villa Sant’Angelo, Fossa, Ocre, San Demetrio Ne’ Vestini e i centri dell’Altopiano delle Rocche. Drammatica è la situazione nel capoluogo e in alcune delle sue frazioni come Onna, rasa quasi completamente al suolo, e Paganica, dove le persone rimaste sotto le macerie si contano a decine.

I comandi dei VVF durante il sisma del 2009

Questa notizia è riportata nell’archivio dei Vigili del Fuoco.

 

A Lucoli lavorarono i Vigili del Fuoco di Venezia tra questi Paolo Muneretto, il secondo nella foto seguente, partendo da sinistra.

 

 

 

Muneretto ha partecipato alla progettazione e realizzazione del monumento della Casa dello Studente dell’Aquila ed ha lavorato al Comando di Pizzoli per circa due mesi.

 

 

L’Abruzzo non potrà mai dimenticare l’impegno dei Vigili del fuoco nelle emergenze quotidiane e ancor di più nel dramma del terremoto del 6 aprile 2009. Uomini impagabili, dal cuore immenso, instancabili. Quella del terremoto è stata un’esperienza umana indimenticabile per tutti.
Sono trascorsi dodici anni e Paolo Muneretto è tornato per ben due volte a Lucoli e con la sua famiglia ha adottato un albero del Giardino della Memoria del Sisma.

 

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E quest’anno Paolo è anche riuscito a cogliere le prime mele: nella  foto seguente è ritratto durante la visita del luglio u.s.
Paolo ed Annamaria Muneretto

 

Paolo ed Annamaria Muneretto con il Sindaco Valter Chiappini

Siamo contenti di questo profondo legame personale che si è instaurato con Lucoli. 

Stimiamo il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e non può che farci piacere anche l’istituzione all’Aquila di una struttura deputata alla formazione dei Vigili del Fuoco. 

La nascita della scuola di formazione dei Vigili del Fuoco non è il frutto di una casualità e vede nel capoluogo d’Abruzzo, con la sua storia e le competenza acquisite negli anni della ricostruzione, un centro nevralgico per la gestione delle emergenze a servizio delle aree interne ed appenniniche dell’intero Paese. I futuri Vigili del Fuoco saranno ospitati nelle strutture del progetto Case, nato per dare una risposta abitativa agli sfollati dopo il sisma 2009 e che sarà quindi valorizzato e riconvertito. Tutto torna e questa volta si è riusciti a tradurre in opportunità ciò che è derivato da un evento tragico e luttuoso come una calamità naturale.

22 Settembre 2021 0 comment
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Territorio

Quest’anno il Presepe che sarà esposto in Piazza San Pietro a Roma arriverà dal Paese di Castelli. Il Presepe monumentale è un simbolo dell’Abruzzo.

by Amministratore 2 Dicembre 2020
 
 
La nostra Associazione ha realizzato molti progetti con l’Istituto “F. A. Grue” di Castelli ove il presepe monumentale è stato realizzato ed è tutt’ora custodito, siamo molto affezionati al corpo docente. NoiXLucoli Onlus ha donato per tre anni consecutivi una borsa di studio agli studenti per organizzare corsi estivi.
 
Una riproduzione, più piccola di alcune figure del presepe, fu portata dai nostri soci, nel 2014, al mercatino di Mezz’agosto organizzato dall’Associazione Amici di San Michele a Vado Lucoli. Fu un grande impegno: imballare le statue, trasportarle e sorvegliarle affinchè non si danneggiassero, ma volevamo esporre, seppur in un contesto molto semplice, queste opere orgoglio di tanti studenti “del sud”, che resistono, studiando in un Liceo artistico di montagna, sperando di costruirsi delle professionalità nel settore dell’artigianato, tanto precario e spesso non apprezzato.
 
Il Presepe con statue di grandezza maggiore del naturale, è un simbolo culturale per l’intero Abruzzo, ma anche un oggetto di arte contemporanea che affonda le sue radici nella tradizionale lavorazione della ceramica castellana. L’opera è stata realizzata dagli alunni e dai docenti dell’Istituto d’arte “F.A. Grue”, attuale liceo artistico statale per il design, che, nel decennio 1965-1975, dedicò l’attività didattica al tema natalizio. In Piazza San Pietro verranno esposti solo alcuni pezzi della fragile collezione composta da 54 statue. Verranno collocate lateralmente a una pedana luminosa di circa 125 metri quadrati che circonda in leggera pendenza parte dell’obelisco. Le sculture rappresentano i Magi; al centro, sul punto più alto della pedana, è collocato il gruppo della Natività con l’Angelo, posto sopra la Sacra Famiglia a simboleggiare la sua protezione sul Salvatore, Maria e Giuseppe.
 
Una breve storia dell’opera monumentale: il primo gruppo di statue, costituito dalla Sacra Famiglia, venne realizzato insieme con lo zampognaro, la pastorella con brocca, il suonatore con flauto di Pan, la bimba con bambola. Ispiratori del progetto furono Serafino Mattucci, allora direttore e animatore dell’Istituto, i professori Gianfranco Trucchia e Roberto Bentini. Con grande entusiasmo parteciparono all’iniziativa gli alunni e tutto il personale tecnico del liceo. Nel Presepe abruzzese si trovano forti richiami alla storia dell’arte antica, dall’arte greca a quella sumerica, passando per la scultura egizia. Inoltre, negli oggetti che arricchiscono il presepe e nella pentacromia castellana con cui sono state decorate le opere, si ritrova la memoria dell’arte della ceramica locale. Le statue sono state realizzate con moduli ad anelli che, sovrapposti, formano busti cilindrici. In alcune figure, soprattutto nell’uso del colore, si ritrova la sperimentazione e il rinnovamento dell’arte ceramica sviluppati in quegli anni nel liceo Grue. La prima esposizione pubblica del Presepe avvenne a Castelli, sul sagrato della chiesa madre nel dicembre 1965 poi, nel Natale 1970, fu la volta dei mercati di Traiano a Roma e, qualche anno dopo, di Gerusalemme, Betlemme e Tel Aviv.
La statua di Maria del presepe, riprodotto su scala ridotta, esposta nel 2014 a Vado Lucoli

 

Altre figure del presepe esposto a Vado Lucoli

 

 

Museo della Ceramica di Castelli le figure monumentali dei Re Magi

 

Museo della ceramica di Castelli figura di soldato del presepe monumentale

 

 

Vi alleghiamo una interessante testimonianza sull’opera monumentale, orgogliosi di averla fatta conoscere al territorio di Lucoli.

 

 

2 Dicembre 2020 0 comment
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I NOSTRI SOCI CON IL TOURING CLUB IN VISITA AL BOSCO DI SANT’ANTONIO

by Amministratore 4 Settembre 2019
Il Bosco di Sant’Antonio in Abruzzo è tra i luoghi più suggestivi della regione verde d’Europa soprattutto quando l‘autunno, protagonista indiscusso dei mesi che precedono l’inverno, colora con decisione le chiome degli alberi più diversi.

 

(foto E. Mariani) – https://abruzzoturismo.it/it/bosco-di-santantonio-riserva-naturale-pescocostanzo-aq

 

Nel Bosco vive una moltitudine di faggi secolari e non solo.
Siamo andati il 20 agosto guidati dal Tenente Colonello dei Carabinieri Forestali Bruno Petriccione, ecologo e specialista nella gestione di aree protette, che ci ha illustrato la ricca e preziosa biodiversità del luogo.
Il livello di biodiversità è strettamente connesso a quello del funzionamento dei processi ecologici dai quali tutti dipendiamo ed è in forte declino, in particolare dagli anni del boom economico del 1960 ad oggi. 
Per questo motivo è importante conoscere gli ambienti dove è meglio conservata per maturare la coscienza che se non si cambierà al più presto l’attuale modello di sviluppo, il sistema che abbiamo costruito si avvicinerà sempre di più verso la sua soglia di insostenibilità.
(foto E. Mariani)
(foto E. Mariani)

E’ stata una mattinata bellissima arricchita anche dal contributo del Prof. Kevin Cianfaglione dell’Università di Brest (Université de Bretagne Occidentale).

 
Storie e leggende del bosco di Sant’Antonio in Abruzzo

 

La storia del Bosco di Sant’Antonio in Abruzzo sembrerebbe articolarsi in due momenti fondamentali:

 

· l’epoca romana, un periodo in cui l’intera area era consacrata a Giove, la dività suprema e il re di tutti gli dei della mitologia romana.

 

· il Medioevo, quando il bosco fu dedicato a Sant’Antonio dal quale tutt’oggi prende il suo nome.
Quello del Medioevo fu un periodo molto particolare per il Bosco di San’Antonio: in questo tempo, infatti, sotto gli imponenti faggi si riparavano gli animali allevati dagli uomini tanto che gli alberi venivano potati ricorrendo ad una tecnica particolare, quella della capitozzatura.
Oggi i faggi del bosco sono protetti e hanno ormai raggiunto la loro tipica forma a candelabro e danno vita ad uno dei faggeti più belli d’Abruzzo e d’Italia.
Inoltre il Bosco di Sant’Antonio ospita il famoso Eremo di Sant’Antonio da Padova, meta di tanti pellegrini che si recano sul posto perché devoti al Santo. Di origine medioevale, l’eremo presenta un campanile a vela ed è circondato dal verde e dalla natura più incontaminata.

 

Per saperne di più leggere anche:
https://www.vglobale.it/2015/09/17/a-rischio-il-bosco-di-sant-antonio-a-pescocostanzo/

 

4 Settembre 2019 0 comment
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LUCOLI E I SUOI FIORI – La flora spontanea del territorio presentazione del libro degli autori Enzo De Santis e Rossano Soldati

by Amministratore 4 Agosto 2019
L’idea di un libro fotografico sulla flora di Campo Felice è stata coltivata con diverse iniziative dagli autori.
Un libro fotografico che illustrasse tutti i fiori, le piante e i luoghi del bellissimo ed esteso territorio di Lucoli. 
Un libro è il modo migliore per utilizzare le migliaia di foto scattate durante le ricerche e le esplorazioni botaniche sul territorio. 
Lo scorso 27 luglio il libro appena pubblicato è stato presentato a Lucoli.

 

Campo Felice è senz’altro una delle aree appenniniche più interessanti dal punto di vista floristico e, nonostante questo, non è ancora sufficientemente indagata. I recentissimi ritrovamenti di Sedum nevadense e Klasea lycopifolia lo testimoniano. Sedum nevadense in Italia è noto solo a Campo Felice, altrove segnalato in Francia (Provenza) dove sembra estinto mentre è ancora presente in Spagna, Algeria e Marocco. Klasea lycopifolia, specie prioritaria nella Direttiva Habitat, è segnalata in Italia solo in Abruzzo (Campo Felice, Altopiano delle Rocche e Prati del Sirente) e Emilia-Romagna. A queste se ne devono aggiungere molte altre rare, al limite dell’areale e endemiche. Basta sfogliare il libro pubblicato per rendersi conto della ricchezza e importanza dell’area.

 

 
L’incontro è stato arricchito dai contributi del Dott. Franco Tassi già Direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, degli entomologi Enrico Migliaccio e Giorgio Narducci. Ha partecipato il Commissario del Parco Sirente Velino: Dr. Igino Chiuchiarelli, dottore Agronomo. Responsabile Ufficio Parchi e Riserve, Programmi Comunitari del Servizio Governo del Territorio, Beni Ambientali, Aree Protette e Paesaggio della Regione Abruzzo.
Ringraziamo gli organizzatori ed i circa sessanta partecipanti che si faranno parte attiva delle istanze illustrate: con questa iniziativa si è voluta rivitalizzare l’attenzione verso la tutela della biodiversità locale.

 

4 Agosto 2019 0 comment
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La regione Abruzzo ha presentato il progetto “Il Cammino del Perdono”.

by Amministratore 19 Novembre 2018

L’Aquila. Si è parlato dell’esperienza e dell’opportunità di sviluppo che offre il progetto Il Cammino del Perdono dell’omonima DMC del Movimento Celestiniano dell’Aquila, nel corso dell’incontro svoltosi sabato 17, pomeriggio, all’Aquila a Palazzo dell’Emiciclo, promosso dalla Regione Abruzzo ed aperto in particolare ai Sindaci e agli operatori dei territori coinvolti dal progetto di promozione turistica. Alcuni nostri soci hanno partecipato. Sulle tracce degli antichi avvenimenti storici risalenti al XIII secolo in chiusura dell’epoca medievale, il Movimento Celestiniano ha ricostruito, secondo l’attuale visione geografica ed ambientale, quei percorsi spirituali ed umanistici che hanno caratterizzato quell’epoca tanto intensa quanto ricca di contrasti. Il Cammino del Perdono nasce dal desiderio di riscoprire quegli elementi e quei personaggi che favorirono la riappacificazione tra popoli da secoli in guerra a causa delle famigerate Crociate Cristiane. Tra i luoghi più importanti dell’epoca, e sulla storia e la vita di San Pietro Celestino V e delle altre figure importanti di quel periodo (Federico II, il Sultano ElKamil, San Francesco D’Assisi), nascono cinque stupendi quanto unici percorsi turistici che attraversano mete sconosciute alle masse e garantiscono un viaggio non solo fisico, ma emotivo e trascendentale. Dei cinque rami che il progetto del cammino del Perdono prevede: Sui Passi di Celestino, Sui Passi dei Papi, Sui Passi dei Pastori, Sui Passi di Francesco e sui Passi del Sapere ad oggi i primi tre sono perfettamente fruibili e pronti per ospitare i pellegrini che vorranno percorrerli, quello dedicato a San Francesco è fermo a causa del sisma del 2016 mentre per il quinto: Sui Passi del Sapere è in corso di realizzazione la guida al percorso. “La Regione Abruzzo sta puntando su progetti di promozione turistica come Il cammino del Perdono”, ha spiegato l’assessore regionale Lorenzo Berardinetti, “Io sono da sempre promotore e sostenitore dei cammini e di questo genere di iniziative che consentono, a un pubblico vasto e di tutte le età e provenienze geografiche, di entrare in contatto con le eccellenze del nostro territorio. Attraverso questa idea, infatti, abbiamo la possibilità di conoscere, scoprire e apprezzare zone dalle bellezze culturali, naturalistiche e architettoniche spesso sconosciute e per questo intatte. Il progetto presentato oggi è un fatto assolutamente concreto e questo produce una micro economia particolarmente utile alla nostra Regione e ai nostri comuni. In questi anni la mia attenzione sul tema è sempre stata elevata, ed a testimonianza di ciò vi sono gli sforzi prodotti in campo normativo che hanno fruttato una serie di leggi e regolamenti atti a sviluppare attività analoghe, non ultimo il regolamento che la giunta regionale a giorni prenderà in esame”. 
Il Cammino del Perdono è stato dunque presentato come un’importante opportunità di promozione e sviluppo del territorio “…che crea comunità”, ha spiegato Piero Paolo Giorgi coordinatore del Movimento Celestiniano, “cioè crea le condizioni per una condivisione di sviluppo locale attorno ad un’idea che ha radici molto profonde. Radici che provengono da un assetto socio culturale che secolo Celestino V propose. In termini attuali il progetto risponde alle moderne esigenze di un turismo compatibile, ecosostenibile e socialmente allettante”.
L’idea dei “percorsi del perdono” viene oggi riproposta dopo essere stata presentata con una pubblicazione del Comune dell’Aquila, nel 2012, dal Sindaco Cialente.
La pubblicazione prevedeva anche uno specifico spazio dedicato alle Chiese di Lucoli.

Queste iniziative pubbliche nascono dall’esigenza di valorizzare e promuovere l’identità del territorio aquilano, ma una rete di operatori del territorio, religiosi e/o turistici, deve però, essere in grado di sviluppare sinergie per realizzare questo tipo di turismo. 
E ciò a Lucoli, dal 2012, non è accaduto. Le presenze di fedeli vengono annoverate per l’Abbazia di San Giovanni Battista, che pur essendo interessata da lavori di restauro e messa in sicurezza, ha sempre ospitato attività di culto, costanti e partecipate, anche da parte di persone provenienti da diverse località dell’Abruzzo. La partecipazione dei fedeli si è anche tradotta in attività di volontariato volte a preservare in pulizia ed ordinata manutenzione il bene storico architettonico e l’area circostante che è una delle più belle di Lucoli.
La Regione ha dato un nuovo impulso occorrerebbe impegnarsi su dei piani concreti per favorire le presenze di fedeli interessati a questo tipo di turismo.
19 Novembre 2018 0 comment
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“LO VISCOVO E LO ABBATE, …..AMBO CON LE MITRE, STAVANO CANTU LATO”.

by Amministratore 19 Ottobre 2018
SAN GIOVANNI BATTISTA DI COLLIMENTO DI LUCOLI DENTRO E FUORI LE MURA DELL’AQUILA: LUOGHI DEL POTERE E MAESTRANZE

di Chiara Marcotulli

La fondazione dell’Aquila rappresenta un grandioso processo di sinecismo iniziato in epoca federiciana e sostanzialmente definitosi con la “riforma angioina”, sancita dal diploma di Carlo II d’Angiò del 1294, seguito dalla distruzione operata da Manfredi nel 1266.
La civitas nova che ne deriva è topograficamente e fiscalmente organizzata in quattro quarti, a loro volta suddivisi in locali, così come il territorio del suo Comitatus. Tutto il “sistema città-territorio”, come tramandato dalle fonti scritte, ruota attorno allo stretto legame (sociale, giuridico, fiscale) fra castelli, chiese parrocchiali e comunità inurbane, intus ed extra civitatem.
La chiesa di origine, replicata nello spazio urbano, consentiva di testimoniare e mantenere salda l’appartenenza alle singole universitates: le chiese di locale e, ancor di più, le chiese capoquarto furono quindi il vero polo accentratore e organizzativo del nuovo nucleo urbano.
Lo studio dell’edilizia ecclesiastica di un territorio campione, il quarto di San Giovanni intus ed extra civitatem, ha consentito, attraverso il riconoscimento della circolazione delle maestranze, di mettere a fuoco, fra i molti aspetti del processo di inurbamento, il particolare caso del monastero di San Giovanni Battista di Collimento di Lucoli. Le sue vicende costruttive, fra XIII e XIV secolo, lo confermano, infatti, come singolare fenomeno di signoria abbaziale: “defilata” chiesa capoquarto nella civitas nova aquilana, ma vero luogo del potere nel Comitatus.
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La chiesa di San Giovanni Battista di Lucoli intus
La chiesa capoquarto di S. Giovanni di Lucoli intus venne demolita nel 1898 per lasciare posto alla nuova via XX Settembre e si conserva attualmente solo un bel portale romanico, rimontato sulla facciata della chiesa di S. Francesco di Paola.
Tradizionalmente si ritiene che questa traslazione abbia suggellato un lento declino della chiesa lucolana cominciato già dal XIV secolo: da molti attribuito ai numerosi sismi che colpirono, anche e in particolare, il locale di Lucoli. Infatti, benchè nel 1404 si deliberasse la realizzazione della bandiera del quarto di S. Giovanni, nella pianta urbana di Fonticulano del 1575- Taxatio dei confocolieri – figura come nuova chiesa capoquarto S. Marciano di Roio. Il quartiere, però, continuò a titolarsi a S. Giovanni fino all’elenco dei fuochi del 1712.
Questa dualità fra ruolo di capoquarto e titolazione del quarto stesso, è giustificabile perchè la chiesa di San Giovanni intus, molto probabilmente, non fumai concretamente attiva nel processo di inurbamento, dato che, si è visto, molte delle energie economiche e politiche del monastero di origine erano rivolte al contado. E’ quindi più corretto parlare, relativamente alla sostituzione della parrocchia capo quartiere, dell’affermazione di un dato di fatto che aveva visto la chiesa di S. Marciano, dai primi decenni della fondazione della città, sempre attivamente presente come polo accentratore locale. San Giovanni intus sarebbe stata invece una sorta di propaggine dell’abbazia benedettina extra.
….
La tradizione storica locale vuole che il San Giovanni intus sia stato gravemente lesionato, e successivamente abbandonato, già dal XV secolo, a causa dei sismi del 1315 e del 1349, dato che, in quegli anni, non è certa la sua stessa esistenza. Fu invece il grande sisma del 1703 che causò il reale tracollo dell’edificio determinandone una rapida scomparsa dalla topografia cittadina. La pianta del Vandi del 1753 testimonia infatti il tentativo post sisma di arrangiare una piccola chiesetta nel luogo della parrocchiale originaria, tentativo evidentemente fallito se si decide nel XIX secolo di demolirla.
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Conclusioni
Concludendo vale la pena di richiamare altri particolari che concorrono a definire meglio la congiuntura politica che il monastero Collimentano si trovò ad attraversare fra il XIII e XIV secolo. L’abbazia, infatti, che agli inizi del XIII secolo si era trovata al centro di dispute fra ingerenze vescovili e rivendicazioni di autonomia – sempre risolte con una sostanziale posizione bipartisan dell’autorità papale (da cui dipendeva giuridicamente il monastero) – è oggetto verso la fine del Duecento di tentativi forzosi di conversione religiosa. Nel 1291 Niccolò IV, infatti, confermò l’elezione di un monaco cistercense ad abate del monastero Collimentano, che depose l’incarico dopo oli quattro anni. Nel 1294 Celestino V unì San Giovanni Battista al monastero celestiniano di S. Spirito di Sulmona ma, successivamente, Bonifacio VIII revocò la bolla.
Sembra abbastanza significativo che il tentativo di condurre il monastero di San Giovanni Battista di Collimento extra moenia sotto la dipendenza di uno di questi ordini fallisse, per ben due volte, nel volgere di pochi decenni (rimarrà benedettino fino alla sua secolarizzazione), proprio mentre fra XIII e XIV secolo all’Aquila si andava definendo la presenza di vari ordini religiosi: Cistercensi, Francescani, Domenicani e, soprattutto, riformati Celestiniani, questi ultimi così strettamente legati alla propaganda politico-religiosa di Celestino V e Carlo II. 
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Un ruolo, dunque, “controcorrente“, rispetto alla maggior parte della realtà ecclesiale del Comitatus, nel processo di urbanizzazione portato avanti con la “rifondazione Angioina”. Infatti, se in genere furono le collegiate aquilane ad assumere un ruolo predominante rispetto alle “gemelle” nel contado (S. Pietro di Coppito, S. Giusta, S. Biagio – fra le prime inurbatesi), divenendo le sedi esclusive anche delle parrocchie extra, nel caso di San Giovanni gli sfozi di aggiornamento edilizio delle strutture furono dedicati non alla chiesa di locale (anche capo quarto), ma alla chiesa-madre extra. Anzi da alcune fonti più tarde, si apprende che l’abate affiancava il vescovo in compiti di responsabilità e, quasi, compartecipazione amministrativa. Fino al XVI secolo, nonostante la soppressione della vita monastica, San Giovanni continuò a godere di privilegi abbaziali con giurisdizione sia nel Lucolano sia, soprattutto, nella chiesa intus.
….

L’Abbazia di San Giovanni Battista di Lucoli oggi

Ringraziamo la Professoressa Chiara Marcotulli per averci concesso l’autorizzazione alla pubblicazione di questo estratto del suo articolo.

19 Ottobre 2018 0 comment
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Territorio

Filare, tessere, colorare, creare. Storie di sostenibilità, passione ed eccellenza

by Amministratore 26 Settembre 2018
Il Dipartimento per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente e per la conservazione della biodiversità dell’ISPRA, insieme a Donne in Campo della Confederazione Italiana Agricoltori, ha condotto un indagine sulla produzione eco-compatibile di fibra da fonti naturali e/o di recupero, filati da tessitura artigianale, tintura naturale e confezioni con materiali e metodi compatibili con l’ambiente.  I frutti dello studio sono contenuti nel volume di cui è indicata la copertina e visionabile in internet.

Uno degli autori è la nostra socia Beti Piotto già del Dipartimento per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente e per la conservazione della biodiversità dell’ISPRA, Area per la conservazione e gestione di specie, habitat ed ecosistemi, l’uso sostenibile delle risorse agroforestali.

La ricerca ha fornito un panorama di attività e prodotti di eccellenza così marcatamente variato da risultare difficilmente incasellabile in settori. Sono state descritte alcune di queste realtà per lo più poco note al pubblico ma esempi viventi di sostenibilità, biodiversità ed economia circolare.
Una costatazione rilevante è che questi saperi, facenti parte della ricca diversità culturale italiana, raramente usufruiscono di una qualche agevolazione o finanziamento da parte dello Stato a supporto della loro importante attività.  Da sottolineare però che molti dei giovani contattati sono riusciti a rivisitare la tradizione con creatività sorprendente.
La storia ci dice che non è un caso che la filiera relativa alla filatura e tessitura, con numerose attività interconnesse, sia spesso in mano alle donne.  Questa “vicinanza” tra le donne ed il tessere è vivissima anche oggi a dirci del grande contributo del mondo femminile alla sostenibilità della filiera.
Vi raccontiamo la storia di due donne dell’Abruzzo: Assunta Perilli (nostra amica da tempo) di Campotosto e Valeria Gallese di Santo Stefano di Sessanio.
Assunta Perilli Archeologa-tessitrice custodisce una antica varietà di lino a Campotosto (AQ)

Assunta Perilli venuta più volte a Lucoli animatrice di nostre iniziative.

A Campotosto, paese sulle sponde dell’omonimo lago artificiale in provincia dell’Aquila, Assunta Perilli, archeologa e tessitrice, ha raccolto l’eredità di nonna Laurina. Morta nel 1995 a 101 anni, nonna Laurina custodiva un tesoro: semi di lino di un’antica varietà che aveva sempre coltivato, anche nei vasi davanti la sua abitazione. Conservazione è un sostantivo al femminile e al femminile è stata per millenni l’opera di difendere e conservare le sementi, il cibo, la terra, la pace. Ora, forse con ritardo, si capisce che è dovere di tutti conservare la diversità. Conservare ciò che esiste in tutte le sue forme perché la sopravvivenza e la naturale evoluzione di tutti noi si basa proprio su questa ricchezza: la grande e misteriosa eterogeneità della vita. L’omogeneizzazione delle colture, la riduzione di cultivar a disposizione, agisce in modo esattamente opposto. Proprio per questo motivo, per l’unicità di questa coltivazione di lino, le Università di Cambridge e di Copenaghen hanno iniziato a studiarla per capire se nel corso dei decenni le sue caratteristiche specifiche sono rimaste intatte o hanno subito modifiche sostanziali. Il progetto europeo TeSet, cioè Textiles in Southern Etruria, si è proposto di ricostruire le antiche rotte commerciali per individuare i mercati del lino da Oriente ad Occidente e per capire se sia possibile una distinzione tra le produzioni di lino in aree geografiche differenti e distanti. Gli studi continuano ora, affinando gli obiettivi, nel progetto “Il lino di Campotosto”, con il supporto del Parco del Gran Sasso ed i Monti della Laga che, tra l’altro, ha investito Assunta Perilli della carica di ambasciatrice del Parco nel mondo. In questa fase si vuole sottolineare gli aspetti naturalistici ed etnografici come lo studio e l’applicazione delle piante tintorie e la ricerca degli abbigliamenti tipici del territorio. Assunta ha messo un po’ da parte i suoi studi di archeologia per dedicarsi al recupero delle antiche tradizioni di tessitura e filatura, utilizzando tecniche e strumenti antichi dalla lana, che viene tinta in modo naturale, ai filati come il lino che appunto si ricavano da questa antica cultivar. Per l’iniziativa dell’associazione culturale Filo da Torcere, nel 2002 sono partite le semine di questo lino per procedere dopo con tutta la filiera fino alla tessitura. E’ stata di nuovo praticata con metodi tradizionali la trasformazione della pianta in filo: la 54 messa in ammollo nelle acque di un torrentello che si trova nei pressi del santuario della Madonna Apparente di Campotosto, a circa 1 Km dal paese, l’essiccamento e la lavorazione. Tutto ciò tenendo conto che la zona di Campotosto, già prima della creazione del bacino artificiale, era particolarmente adatta a questa coltura. L’archeologia è comunque sempre lì, molto presente nel mondo di Assunta perché gli strumenti per ottenere determinati tessuti sono fedelmente riprodotti da quelli antichi con la collaborazione di archeologi, antropologi ed esperti del settore per la tessitura, filatura e tintura. Oltre ad aver realizzato il kilt donato al principe Carlo d’Inghilterra dal sindaco di Amatrice in seguito al terremoto che stravolse il centro Italia, Assunta, insieme a molte donne di Campotosto, ha studiato e catalogato tutti i tessuti dell’alta montagna, dalla conca amatriciana al versante teramano fino a Scanno. Luoghi dove l’utilizzo della lana è tradizione antica.
Nome dell’azienda: AquiLANA Nome e cognome del titolare: Valeria Gallese.
Valeria Gallese con la sua famiglia
Quella di Valeria Gallese è una storia d’amore, nata dall’amore per suo marito e trasformata in amore verso un territorio, un popolo, un mestiere. Valeria, ex studentessa di veterinaria, conosce quello che sarebbe diventato il suo futuro marito durante una giornata di tosatura nell’azienda di un amico. “Ci siamo innamorati mentre raccoglievo i velli delle sue pecore” racconta Valeria. Il marito possiede un gregge di 400 capi, sono pastori da generazioni ma a prescindere dalla storia familiare, la sua è una vera passione. Valeria ha amato sin da subito il suo lavoro, seguendo il marito sulle montagne abruzzesi ma ha anche capito sin dall’inizio che il modo che avevano di utilizzare la lana non consentiva di avere un reddito aziendale sufficiente. Quello del pastore è un lavoro duro, faticoso e poco remunerativo e con la vendita della lana “sporca” (sucida) non si riesce nemmeno a recuperare i costi della tosatura. Allora si è proceduto a recuperare la lana “sucida” dalle pecore dell’allevamento del marito ed a mandarla per la trasformazione in filato ad un apposito consorzio tessile di Biella. La lana torna poi in rocche da un chilogrammo. Il suo osservare con attenzione, le ha fatto inoltre capire che bisognava investire per avere un prodotto di alta qualità. E’ stato così che ha trasformato la produzione filando i primi 200 chili di lana e tingendoli con prodotti naturali. Tramite un processo lungo e meticoloso, le lane vengono tinte a mano con fiori, cortecce e radici. Il giallo si ottiene dall’elicriso, dalla camomilla del tintore e dall’iperico. Il rosso viene dalle radici di robbia mentre il blu è tratto dal guado. Prima si fa macerare il materiale e poi con la mordenzatura si prepara la lana ad accogliere il colore, si sciacqua quindi la lana mordenzata e si mette nel decotto filtrato. La lana viene sobbollita due volte: prima in allume e poi nel decotto di tintura. Con la lana colorata si confezionano gomitoli e matasse da 100 grammi. Il vero pezzo forte è però la colorazione con il vino Montepulciano d’Abruzzo. Valeria fa sobbollire la lana nel Montepulciano rosso perché contiene antociani che mordenzano e tinteggiano la lana con un colore bellissimo che racconta la terra d’Abruzzo. Anche Oscar Farinetti di Eataly è stato attratto dalla procedura in quanto interessato a raccogliere tutti i possibili utilizzi di questo vino abruzzese. La sua capacità imprenditoriale, tutta al femminile, gli ha consentito di pubblicizzare i suoi prodotti che oggi vengono venduti in tutta Italia. Nel 2014 ha aperto la sua attività in uno dei borghi più belli d’Italia: Santo Stefano di Sessanio (AQ) perché voleva dare un’identità territoriale ai propri prodotti, un posto dove Valeria racconta la sua attività a chi la passa a trovare. Non vende semplicemente un articolo, ma con esso racconta la sua terra. La “signora della lana” come spesso viene chiamata collabora con l’Associazione Rocca San Vito di Tornimparte (AQ), partecipando al progetto interdisciplinare “Filalalana”, per portare nelle scuole la conoscenza dell’arte della lana e della tintura naturale. Gli alunni hanno imparato l’antico mestiere partendo dalla tosatura, poi la cardatura e la filatura ed infine la tintura con metodi naturali, cioè utilizzando la barbabietola per il rosso, il mirtillo per il blu ed il viola, la radice dell’iris per il grigio ed il nero. Con grande coraggio Valeria Gallese è riuscita a valorizzare la lana delle sue pecore e quella di tanti pastori, costretti spesso a regalarla perché rappresentava un problema per lo smaltimento. Nel 2014, infatti, si è costituita l’Associazione “Pecunia” per la valorizzazione della lana nell’ambito del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. L’associazione si adopera per tutelare e promuovere la valorizzazione della filiera della lana per restituirne il giusto valore commerciale e per incentivare e rivitalizzare la microeconomia e la diversificazione del reddito del comparto agropastorale e dell’artigianato rurale legato alla filiera della lana.
Per saperne di più:
http://www.isprambiente.gov.it/files2018/pubblicazioni/quaderni/Quad_AS_18_18.pdf
26 Settembre 2018 0 comment
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Territorio

IL SENTIERO MADONNA FORE A SAN GIULIANO

by Amministratore 17 Settembre 2018

Dalla pietra di Poggio Picenze sono usciti i corpi delle statue della Via Matrix che racchiudono e sprigionano una forza interiore che ti coinvolge. 

Figure che fanno immaginare un movimento che evocano forza quasi per non arrendersi, proprio come l’anima dell’Aquila.

Lo ricordiamo la Via Matris rappresenta i sette dolori della Madonna: la profezia dell’anziano Simeone sul Bambino Gesù, la fuga in Egitto della sacra famiglia, la perdita del Bambin Gesù nel tempio, l’incontro di Maria e Gesù lungo la Via Crucis, Maria ai piedi della croce, Maria che accoglie nelle sue braccia Gesù morto ed infine Maria al sepolcro.
Siamo veramente felici per il nostro amico scultore Walter di Carlo, dopo anni di lavoro e tanti pensieri…..le statue sono nel bosco, molte le persone all’inaugurazione. 
E’ un posto senz’altro da visitare!

 Foto di Marcello Marrelli

17 Settembre 2018 0 comment
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Territorio

OGGI L’INAUGURAZIONE DEL SENTIERO MADONNA FORE A SAN GIULIANO

by Amministratore 14 Settembre 2018

La nostra Associazione è molto legata allo scultore Walter di Carlo che ha ideato per noi il logo del Giardino della Memoria del Sisma:
Walter capì immediatamente il nostro progetto di memoriale e concepì quello che noi chiamiamo “l’uomo albero” che, nonostante sia trattenuto da pezzi di macerie delle case crollate, si libra verso il cielo fondendosi con un albero.
Il logo del giardino della Memoria del Sisma di Lucoli
Di Carlo ha lavorato per molti anni alla realizzazione delle sette statue per i sette dolori della Madonna: è stato un suo voto. 
Abbiamo letto innumerevoli dibattiti su questa sua attività. Qualcuno ha criticato il loro posizionamento e la grandezza delle sculture, veramente imponenti, che stonano con la natura circostante. Ancora, le polemiche alimentate dal nome del sentiero: per il Comune è il Sentiero dei Nove Martiri. Per il CAI è da sempre il Sentiero n°1. Per la Chiesa è per tradizione il Sentiero dei Sette Dolori, da cui appunto la scelta dello scultore aquilano. Storicamente, il sentiero della Madonna Fore è legato alla memoria dei Nove Martiri aquilani che percorsero realmente quel tratto di strada tornando da Collebrincioni alle Casermette, come ricordato dal cippo all’inizio della carrareccia.

Le statue dello scultore aquilano rappresentano i sette dolori della Madonna la profezia dell’anziano Simeone sul Bambino Gesù, la fuga in Egitto della sacra famiglia, la perdita di Gesù nel tempio, l’incontro di Maria e Gesù lungo la Via Crucis, Maria ai piedi della croce, Maria che accoglie nelle sue braccia Gesù morto ed infine Maria al sepolcro.

La Madonna Fore è la chiesa della Madonna dell’Addolorata e le statue rappresentano la passione di Maria. 
Sono in tema, sono fatte in pietra naturale, senza cemento, non deturpano nulla, questo il punto di vista della Confraternita dell’Addolorata che ha donato le statue all’Amministrazione Comunale.
Le statue sono state realizzate da Valter Di Carlo a spese proprie, si pensi ai costi degli enormi blocchi di pietra, e anche tutti gli altri costi, dal trasporto alla posa (in totale parliamo di circa 27 mila euro), sono stati coperti dall’artista e dalla Confraternita.

La natura è essa stessa Arte perché ancora prima dell’intervento dell’artista, il sentiero “Madonna Fore” era già una vera e propria opera d’arte, un luogo di una bellezza non rara ma unica che offre la possibilità di vedere i mille colori di cui si veste la vegetazione durante l’anno, le armonie cromatiche. Un luogo dove il cielo, il panorama circostante e i monti nutrono attraverso la cultura, la storia, e la spiritualità e l’anima di chiunque lo percorre. 

L’arte, attraverso la scultura, seppur di ispirazione religiosa, ben si inserisce nel contesto naturale, tutto si fonderà arricchendo di spiritualità l’esperienza del camminare. La tendenza ad arricchire con opere di arte contemporanea i sentieri della tradizione è una scelta importante, perché vuole sviluppare anche un turismo diverso, ecologico, quello di chi ama camminare, di chi si sposta in modo lento e consapevole, che esercita lo sguardo e rispetta la natura. È una forma di spiritualità non solo religiosa ma anche laica fatta di attenzione e di silenzio, di fatica e di contemplazione, grazie a questo fondo si stabiliranno delle tappe in corrispondenza delle sculture posizionate. Si tratta, anche, di far conoscere e apprezzare i linguaggi della pietra locale, non ancora pienamente legittimati dal tempo e dalla critica. Rappresenta un modo di sentire di più nostri i cammini, di arricchirli, sarà un modo di sentire più vicina e quotidiana l’arte contemporanea.
Auguriamo al nostro amico Walter di Carlo il pieno successo della giornata odierna: ha compiuto un lavoro ciclopico ed ha assecondato il suo voto.

14 Settembre 2018 0 comment
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