NOI X LUCOLI
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I frutti antichi

I frutti antichiIl Giardino della Memoria

LA PRIMAVERA FA CAPOLINO AL GIARDINO DELLA MEMORIA

by Noi x lucoli 24 Marzo 2023

Ciliegio dedicato a Claudia Carosi

Pesco tabacchiera dedicato a Silvana Petricone

Pesco tabacchiera

Pesco tabacchiera

Abbiamo già iniziato la stagione agricola del Giardino della Memoria, realizzata la potatura a breve le piante saranno concimate.

Il Giardino sarà riaperto ad aprile, il cancello è chiuso per evitare che siano tagliate marze da persone non competenti che rovinino le piante.

Susino Goccia d’oro dedicato a Elvio

24 Marzo 2023 0 comment
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I frutti antichi

NEL GIARDINO DELLA MEMORIA DI LUCOLI VIVONO DUE PIANTE DI SORBO DOMESTICO

by Noi x lucoli 13 Dicembre 2022

Il Giardino della Memoria di Lucoli ospita due alberi di sorbo rispettivamente adottati dall’Associazione “Pro Natura l’Aquila” e da due amici americani: “Ruth White e Alan Block”, appassionati dell’ambiente e dell’Italia.

Il sorbo (Sorbus domestica L.) è un albero da frutto presente su tutto il territorio nazionale, ma scarsamente sfruttato e ad oggi possiamo considerarlo un “frutto antico”.

frutti dell’albero di Pronatura l’Aquila

L’albero di sorbo può raggiungere 15 metri di altezza e 10 metri di larghezza, ha una crescita lenta ma è molto longevo e può diventare pluricentenario. La fioritura avviene alla fine del periodo primaverile e i fiori sono raccolti in grandi corimbi a forma di cono, larghi circa 10 centimetri e di colore bianco o bianco crema. I frutti sono dei pomi di forma globosa o piriforme chiamati sorbe, hanno una colorazione che varia dal giallo verde al giallo rosso e, così come i fiori, sono presenti in piccoli mazzetti. Quando non hanno ancora raggiunto la piena maturazione, le sorbe sono molto aspre e poco appetibili, ma diventano piacevoli mediante l’ammezzimento, cioè la stratificazione su paglia per circa due mesi e in un ambiente fresco e ventilato. Infatti, il nome sorbo deriva dal latino sorbeo, cioè sorbire il succo dei frutti maturi. Sin dai tempi dei Romani il frutto è stato utilizzato per curare disturbi intestinali e come additivo per la conservazione del sidro di mele.

frutti del sorbo albero adottato da Ruth White e Alan Block

La fermentazione produceva una bevanda chiamata cerevisia: “In grotte scavate nel cuore della terra gli Sciti vivono ozi sereni e, rotolando i tronchi verso il focolare, danno alle fiamme le querce raccolte e olmi interi. Qui passano nei giochi la notte d’inverno e, in luogo del vino, bevono allegramente succo d’orzo fermentato o di sorbe inacidite”, Virgilio, Georgiche, Libro Primo.

Attualmente viene coltivato in Italia soprattutto a scopo ornamentale perché verso settembre le foglie iniziano lentamente a cambiare colore passando da un giallo intenso fino ad un rosso acceso. In alcuni Paesi dell’Europa orientale le sorbe vengono utilizzate per la produzione di bevande fermentate simili al sidro o distillati simili alla grappa o al calvados (1). Il distillato prodotto tradizionalmente in Slovacchia contiene oltre cento composti aromatici (2). La macerazione dei frutti in alcol, classica tecnica dei liquori casalinghi, contiene dieci volte meno componenti aromatiche rispetto ai distillati ottenuti da succo o da polpa di sorbe fermentate (3). In Italia, il liquore di sorbe si chiama sorbolo o sorbolino, esistono anche in commercio grappe aromatizzate al sorbo.

Oltre alla specie addomesticata esistono altre specie selvatiche:

  • Il ciavardello o sorbo torminale (Sorbus torminalis L.), dal legno molto pregiato e che cresce su tutto il territorio italiano fino ai 200 metri Sul livello del mare. Può arrivare fino ai 15 metri di altezza. I suoi frutti hanno proprietà astringenti, venivano già utilizzati contro le coliche dagli antichi Romani. Oggi con la polpa dei frutti maturi si preparano maschere tonificanti e lenitive per pelli irritabili. Fioritura ad aprile maggio; i frutti maturano a fine estate (settembre ottobre). Preferisce suoli freschi e calcarei.
  • Il sorbo montano o farinaccio (Sorbus aria L.) è un alberello caducifoglio, alto fino a 12 metri, che fiorisce in aprile maggio e fruttifica in settembre. Si riproduce per seme, talea o pollone. Il suo nome comune deriva dal fatto che in tempi di carestia le piccole sorbe essiccate e macinate venivano aggiunte alla farina per fare il pane. Il suo legno, molto duro e pregiato, trova pochi impieghi per le modeste dimensioni del tronco e la lentezza nella crescita.
  • Il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia L.), i cui piccoli frutti attirano gli uccelli ma i semi sono leggermente tossici per l’uomo, per cui vanno consumati cotti. Cresce nella fascia fra i 500 ed i 1.500 metri Sul livello del mare. In Alto Adige viene prodotto artigianalmente un distillato di sorbo degli uccellatori (Vogelbeere in tedesco).
  • Il sorbo alpino (Sorbus chamaemespilus (L.) Crantz), piccolo arbusto strisciante presente dai 1.400 ai 1.900 metri Sul livello del mare.

Nonostante la sua rusticità, la lenta crescita del sorbo non gli consente di competere contro altre specie. La pianta tollera l’ombra solo durante i primi anni di vita, ma per poter svilupparsi ha bisogno di posizioni soleggiate, per questo motivo non si trova mai consociato in boschi. Un sorbo coltivato da seme richiede almeno quindici anni per entrare in produzione, per cui la coltivazione frutticola ricorre spesso a innesti su spincervino oppure melo cotogno. Essendo una rosacea, il sorbo è sensibile a due malattie fungine: il cancro del melo (Nectria galligena) e la ticchiolatura del melo (Venturia inaequalis) (8) e al colpo di fuoco batterico (causato dall’Erwinia amylovora)   A parte gli eventuali trattamenti antifungini, la coltivazione del sorbo non richiede particolari cure.

Il sorbo domestico è molto raro e minacciato in molti Paesi europei. La specie e la relativa diversità genetica sono minacciate dalla riduzione generale nel numero di individui negli ambienti naturali e dal disturbo causato dall’impatto umano sulle strutture naturali delle metapopolazioni. La selvicoltura intensiva, i popolamenti eccessivamente densi, le pratiche selvicolturali, la perdita di habitat idonei, l’abbandono e una conoscenza e una percezione insufficienti, contribuiscono alla riduzione della dimensione dei popolamenti.

Sarebbe dunque auspicabile l’inserimento del sorbo in progetti di siepi campestri, forestazione di terreni marginali o rinaturalizzazione di terreni abbandonati, ma alla data odierna esistono solo linee guida molto generiche per la sua protezione.

….

Bibliografia

(1) Sõukand, R., Pieroni, A., Biró, M., Dénes, A., Dogan, Y., Hajdari, A., ... & Luczaj, L. 2015. An ethnobotanical perspective on traditional fermented plant foods and beverages in eastern Europe, Journal of Ethnopharmacology, 170 (2015): 284–296.

(2) Vyviurska, Olga & Pysarevska, Solomiya & Janoskova, Nikoleta & Spánik, Ivan. (2015). Comprehensive two-dimensional gas chromatographic analysis of volatile organic compounds in distillate of fermented Sorbus domestica fruit. Open Chemistry. 13.

(3) Mariana Galabova, Nikolay Stoyanov,  Panko Mitev; Primary studies of the composition of distillate beverages produced from Sorbus domestica fruits, BIO Web of Conferences 45, 01012 (2022).

(4) Mrkonjic, Zorica & Nadjpal, Jelena & Beara, Ivana & Šibul, Filip & Knezevic, Petar & Lesjak, Marija & Mimica-Dukic, Neda. (2019). Fresh fruits and jam of Sorbus domestica L. and Sorbus intermedia (Ehrh.) Pers.: Phenolic profiles, antioxidant action and antimicrobial activity. Botanica Serbica. 43. 187-196.

(5) Ognyanov M, Denev P, Petkova N, Petkova Z, Stoyanova M, Zhelev P, Matev G, Teneva D, Georgiev Y. Nutrient Constituents, Bioactive Phytochemicals, and Antioxidant Properties of Service Tree (Sorbus domestica L.) Fruits. Plants (Basel). 2022 Jul 13;11(14):1832. PMID: 35890466; PMCID: PMC9323255.

(6) Rutkowska M, Olszewska MA, Kolodziejczyk-Czepas J, Nowak P, Owczarek A. Sorbus domestica Leaf Extracts and Their Activity Markers: Antioxidant Potential and Synergy Effects in Scavenging Assays of Multiple Oxidants. Molecules. 2019 Jun 20;24(12):2289. PMID: 31226759; PMCID: PMC6630621.

(7) Sarv V, Venskutonis PR, Bhat R. The Sorbus spp.-Underutilised Plants for Foods and Nutraceuticals: Review on Polyphenolic Phytochemicals and Antioxidant Potential. Antioxidants (Basel). 2020 Sep 1; 9(9):813.

(8) Enescu, C. M., de Rigo, D., Houston Durrant, T., Caudullo, G., Sorbus domestica in Europe: distribution, habitat, usage and threats. In: San-Miguel-Ayanz, J., de Rigo, D., Caudullo, G., Houston Durrant, T., Mauri, A. (Eds.), European Atlas of Forest Tree Species. Publ. Off. EU, Luxembourg, 2016.

Ringraziamo AgroNotizie e l'autore Mario A. Rosato per averci concesso l'autorizzazione a pubblicare un estratto dell'articolo. Link alla fonte originale (https://agronotizie.imagelinenetwork.com/agronomia/2022/12/09/il-sorbo-la-bioraffineria-dimenticata-da-salvaguardare/77841).
13 Dicembre 2022 0 comment
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I frutti antichi

Semi e Frutti Antichi

by Noi x lucoli 27 Settembre 2022

Ringraziamo l’amico Kevin Cianfaglione ed il Dott. Tiberti per averci concesso il permesso di pubblicare i loro interventi che offrono spunti di riflessione in merito all’attività che svolgiamo con il Giardino della Memoria di Lucoli. Le cultivar del del Giardino sono state in gran parte recuperate in campi abbandonati dall’agricoltura, la coltivazione dei nostri frutti è “biologica” in ambiente salubre ed è un’interessante esperienza pur non essendo destinata alla commercializzazione.

Le antiche varietà ortofrutticole nei campi abbandonati. Valori e potenzialità.
Kevin Cianfaglione

Lo studio delle antiche varietà nei campi non più coltivati permette anche di studiare il paesaggio fossile, l’evoluzione delle successioni secondarie e per comprendere come le specie esotiche possano essere una risorsa ed un valore e non essere considerate sempre come delle specie problematiche od infestanti a priori. Vedi ad esempio la pubblicazione ISPRA “La conservazione ex situ della biodiversità delle specie vegetali spontanee e coltivate in Italia. Stato dell’arte, criticità e azioni da compiere”. Normalmente le nostre antiche varietà ortofrutticole sono tutte esotiche per il nostro suolo nazionale, nonostante esse spesso vengano ritenute indigene. Esse dovrebbero infatti essere considerate tipiche piuttosto che autoctone o endemiche. Questo, poiché il loro areale naturale non coincide con il nostro suolo nazionale, oppure perché di origine orticola (artificiale), Comunque sia, esse rappresentano una presenza storica, oppure un valore culturale, alimentare locale – pertanto sono tipiche di un territorio o di una cultura pur essendo esotiche. Questo, per l’appunto senza nulla togliere alla loro importanza, ci fa capire come bisognerebbe essere meno drastici sui giudizi verso le specie esotiche, contestualizzandole meglio nei loro determinati contesti. Ci sono poi alcune specie la cui origine non è nota o è dubbia, ma che comunque non esclude una certa esoticità, come possa essere per il mandorlo o il castagno ad esempio. Del resto va da sé che se si trattasse di varietà comunque selezionate e favorite dall’uomo, le varietà risultanti sarebbero comunque da considerarsi orticole anche se la specie fosse naturale, e quindi da considerarsi esotiche poiché artificiali o favorite (distribuite, espanse) dall’uomo. Del resto lo status di esotico piuttosto che autoctono, non può cambiare e non deve cambiare il valore intrinseco di queste specie, ad ogni livello. Anzitutto, questo non può che spingerci nel considerare più obbiettivamente e con meno estremismo le specie esotiche ed il loro valore. Non è un caso che nel nome scientifico di gran parte delle specie coltivate appaiano epiteti quali domestica communis, o sativa; contrapponendoli ad aggettivi quali sylvatica. Del resto non dobbiamo dimenticare che ogni antica varietà è stata una varietà moderna e selezionata di recente al suo tempo. Quindi ritengo sbagliato dover puntare solo sul conservare le antiche varietà se non ci si possa prefiggere nel
contempo anche una possibilità di selezionare nuove varietà; rendendo utili le antiche selezioni per produrne anche di nuove. Se per alcune specie comunemente è più facile discernere tra specie selvatiche e relativi domestici (es.: pruno e prugnolo). Altre volte è più difficile e si finisce per considerare selvatici esemplari domestici solo perché rinvenuti in situazioni considerabili naturali. Come osservato personalmente, la maggior parte dei meli considerati selvatici sono invece da ascrivere a Malus domestica, quindi da considerarsi come residui di vecchie coltivazioni o come scappati alla coltivazione. Inoltre molti esemplari selvatici sono stati favoriti come porta innesto di antiche varietà.
Altro elemento che andrebbe maggiormente dissacrato nell’opinione pubblica generale è che le antiche varietà siano standard e stabili sul territorio, perché al contrario delle concezioni e metodologie moderne, un tempo l’innesto era poco
noto e poco praticato se non da pochi esperti. Di norma la grande variabilità infravarietale e intervarietale è dovuta al fatto che la modalità di propagazione più diffusa (volontaria od accidentale) era quella gamica, per seme. Poi se le piante producevano caratteristiche interessanti venivano lasciate altrimenti innestate (se possibile) od eliminate. Questo se da un lato ha complicato le cose riguardo la catalogazione e la conservazione dei genotipi, è stata d’altro canto l’incredibile
fonte di diversità e differenziazione avvenuta nel tempo.  La maggior parte degli antichi esemplati ortofrutticoli rinvenuti, ho potuto rinvenirli in terreni non più coltivati piuttosto che su suoli in attualità di coltura. Questo perché a seguito dei cambiamenti nelle tecniche di coltivazione, cosi come a seguito dei cambiamenti socio-economici e della domanda del mercato, quelli che un tempo erano alberi importanti, sono poi divenuti alberi camporili qualunque, cioè di poca importanza per i contadini e proprietari fondiari, perfino malvisti come ostacoli all’aratura, etc. Finendo per essere abbattuti, sradicati o dissecati dalle pratiche colturali; finendo in sostanza come accaduto per tanti elementi tradizionali del paesaggio agrario come siepi, macerine, muri a secco, fossi, stradine, lemmeti, alberi camporili (es.: querce camporili, alberi maritati alle viti, aceri e olmi campestri), etc. In favore di un paesaggio e di un ambito agricolo più uniformato alle colture estensive, intensive e legate ai finanziamenti pubblici.

Semi e frutti antichi a tutela dei consumatori
Marco Tiberti (European Consumers)

Il Dott. Tiberti insieme ad Enzo Sebastiani nel Giardino della Memoria

Uno dei problemi maggiori nella scelta dei consumatori è la conoscenza dei rischi che derivano da un ambiente insalubre e contaminato e da una scelta non attenta dei prodotti di maggior consumo, in particolare alimentare. In un epoca di degrado a livello biosferico è importante considerare che le scelte di consumo hanno tutte effetti sull’ambiente, che possono essere notevolmente ridotte attraverso scelte sostenibili negli acquisti. Queste scelte determinano vantaggi a scala locale, a livello personale e a scala globale. Le scelte dei consumatori sono fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo
sostenibile. L’economia non ecocompatibile, che comincia dalle scelte del consumatore, realizza il massimo squilibrio e la massima trasformazione dell’ordine dei sistemi biologici in energia termica ed in disordine contribuendo in nome del profitto alla contaminazione ambientale e al deterioramento delle condizioni di salute di uomo e animali.
In campo alimentare i prodotti non biologici e provenienti da zone contaminate rappresentano una delle più serie minacce per la salute, in sinergia con l’aria tossica di molte città e gli intensi campi elettromagnetici. I prodotti provenienti da zone lontane al rischio sanitario aggiungono anche i consumi di carburante per il trasporto aumentando notevolmente l’impronta ecologica del consumatore che li acquista.
Inoltre le vitamine presenti nella frutta e nella verdura iniziano a deteriorarsi dal momento in cui vengono raccolti e il processo di deterioramento qualitativo aumenta nel tempo e con la distanza dal luogo di produzione. Molti prodotti delle
filiere industriali sono raccolti acerbi e trattati con modulatori della maturazione. Nelle filiere corte il prodotto può essere scelto direttamente al momento della raccolta stagionale. Inoltre molti prodotti locali sono stati selezionati proprio per
le loro qualità sia nutraceutiche che culinarie oltre che per il loro adattamento alle condizioni ambientali. I semi e i frutti antichi, le varietà locali e, più in generale, l’agrobiodiversita, spesso sacrificate da un economia attenta solo al profitto, sono, altresì, un presidio per il futuro e un vantaggio presente per le popolazioni locali e i consumatori. Molte aziende locali sono impegnate nella conservazione di germoplasmi locali e numerosi sono gli agricoltori «custodi» di antiche varietà. Scegliendo aziende agricole compatibili con l’equilibrio degli ecosistemi circostanti, si favoriscono modelli agro-ecologici e sostenibili. Con le nostre scelte d’acquisto possiamo supportare le aziende agricole e i piccoli produttori locali.
Per questi motivi European Consumers favorisce i consumi biologici a chilometro zero e le filiere corte di prodotti locali ritenendole un presidio per la salute, per l’ambiente e, naturalmente, per l’economia.

Per saperne di più: https://www.europeanconsumers.it/wp-content/uploads/2019/04/abstract_convegno_agrobiodiversita%CC%80.pdf

 

27 Settembre 2022 0 comment
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I frutti antichi

CONSERVAZIONE DELLE RISORSE GENETICHE VEGETALI AUTOCTONE A TUTELA DELLA BIODIVERSITA’

by Noi x lucoli 29 Agosto 2022

melo zitella

Il Giardino della Memoria partecipa ad un progetto di recupero, conservazione e caratterizzazione delle Risorse Genetiche Vegetali autoctone di interesse per il territorio abruzzese, soprattutto quelle in pericolo di erosione genetica ed a rischio di estinzione che costituiscono la biodiversità ai sensi della Legge 238/2015. Attraverso un’Associazione Temporanea di Scopo con il CREA capofila, il principale Ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari con personalità giuridica di diritto pubblico, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali  (Mipaaf), NoiXLucoli consegnerà all’Università della Tuscia diversi chilogrammi di mele coltivate nel Giardino ai fini della loro:

  • caratterizzazione morfo-fisiologica tesa a descrivere gli organi delle piante per gli aspetti morfologici nelle diverse fasi vegeto-produttive;
  • caratterizzazione agronomica tesa a descrivere le tecniche colturali che si succedono nel ciclo vegeto-produttivo;
  • caratterizzazione nutrizionale (biochimica/chimico fisica) delle mele tesa a conoscere gli aspetti chimico-fisico-biologici e, quindi, gli aspetti riferiti all'alimentazione;
  • caratterizzazione genetico-molecolare tesa a effettuare specifiche analisi genetiche con marcatori molecolari basate sull'utilizzo del PCR e microsatelliti o SSR (Single Sequence Repeats).

Per realizzare questi studi avremo il bisogno di portare a maturazione il maggior numero possibile di frutti e per tale motivo, nel momento finale della maturazione, dal 1° del mese di settembre e fino alla raccolta, il Giardino sarà chiuso ai visitatori. Il Giardino della Memoria è un bene comune che arricchisce il paesaggio e tiene viva la memoria è stato donato dai nostri soci alla Comunità per ricordare le vittime del terremoto del 2009, i frutti degli alberi antichi non sono a disposizione di chi vuole coglierli ma sono appannaggio dello studio scientifico regionale e nazionale (essendo NoiXLucoli agricoltore custode) e di coloro che hanno adottato gli alberi stessi.

Chiediamo alla Comunità di rispettare questa esigenza che consentirà al CREA di mettere a disposizione i risultati degli studi per la comunità scientifica. Chiediamo pazienza a coloro che ci sostengono ed hanno adottato gli alberi in quanto non avranno i frutti in questa stagione perché destinati allo studio.

a causa della siccità molti frutti sono caduti dagli alberi

Chi volesse visitare il Giardino può telefonare al nostro numero di contatto ed un nostro socio accompagnerà nella visita.

 

29 Agosto 2022 0 comment
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I frutti antichiIl Giardino della Memoria

IL PROGETTO “ASSAPORA” DEL CREA CON L’UNIVERSITA’ DELLA TUSCIA VEDE IL GIARDINO DELLA MEMORIA DEL SISMA COME LABORATORIO

by Noi x lucoli 16 Luglio 2022

NoiXLucoli si è candidata a partecipare insieme al CREA e all’Università della Tuscia ad un intervento in difesa della biodiversità agricola della Regione Abruzzo volto allo studio ed alla salvaguardia del patrimonio genetico costituito da varietà vegetali autoctone a rischio di estinzione.

Attraverso un raggruppamento d’impresa abbiamo partecipato ad un progetto volto alla caratterizzazione, e quindi alla raccolta, alla conservazione e all’utilizzazione delle risorse genetiche autoctone, al fine di contribuire ad arricchire la compilazione dell’anagrafe delle risorse genetiche regionali autoctone.

Il Giardino della Memoria del Sisma di Lucoli, in caso di aggiudicazione del progetto, diventerà un laboratorio di studio per quattro varietà di frutti antichi: Mela limoncella, Mela zitella, Mela renetta, Mela gelata.

Il CREA è il principale Ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari con personalità giuridica di diritto pubblico, è vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali (Mipaaf). Possiede competenze scientifiche che spaziano dal settore agricolo, zootecnico, ittico, forestale, agroindustriale, nutrizionale, fino all’ambito socioeconomico.

L’attività di studio che dovrebbe coinvolgere il Giardino della Memoria sarà biennale e la nostra Associazione dovrà fornire al CREA i frutti delle cultivar sopraindicate ai fini di studio. I risultati delle attività di ricerca saranno pubblicati sul Portale AlimentiNUTrizione.

Il Portale AlimentiNUTrizione è un Sistema Informativo sui prodotti AGROalimentari italiani finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF). Il portale è organizzato in 6 sezioni distinte (Tabelle di Composizione degli Alimenti; Consumi alimentari; Etichettatura nutrizionale; Percepire la tradizione; Focus specifici; Linee Guida) ed è frutto delle specifiche attività che i ricercatori del CREA Alimenti e Nutrizione hanno svolto nell’ambito del progetto. Il Portale AlimentiNutrizione è uno strumento che, attraverso il web, conduce l’utente in un percorso multidisciplinare verso … “Il gusto di scegliere consapevolmente”.

Siamo onorati di poter mettere a disposizione le antiche varietà di frutta coltivate nel Giardino che fanno parte di quell’80% delle varietà di piante da frutto perse nell’ultimo secolo. Si pensi che nel 1920 le varietà di mele commercializzate erano una cinquantina, mentre oggi sono solo circa una decina. La perdita della biodiversità ha portato conseguenze gravissime, con ripercussioni su molti fronti. Perdere una varietà di pianta da frutto significa perderne l’identità, perdere il patrimonio genetico non più riproducibile che la caratterizza, e di conseguenza anche la possibilità di coltivarla, gustarne i frutti e metterli a disposizione della comunità per i suoi bisogni futuri. Non solo: si perde anche un patrimonio culturale.

L’attività di studio che sarà realizzata confermerà ciò che molti di noi sanno: la produttività di queste cultivar è inferiore a quella delle nuove varietà,  ma il loro valore nutrizionale è sicuramente superiore. I frutti antichi possono giocare un ruolo decisivo per il rilancio di un’agricoltura sostenibile, di un’agricoltura di tipicità che si opponga alle tendenze globalizzanti: il recupero di terreni marginali e il rilascio di marchi DOP e IGP possono essere intesi come strategie per ritrovare qualità e tipicità in un’ottica di sostenibilità utile a contrastare gli impatti ambientali negativi, a preservare la capacità produttiva del terreno e a fare della tipicità la base strutturale dell’agricoltura italiana.

I nostri soci sono convinti sostenitori di questi obiettivi tant’è che coltivano il Giardino della Memoria da undici anni.

Si studieranno e si caratterizzeranno i dati provenienti dal Giardino della Memoria di Lucoli, in campo agronomico, a livello nazionale: le nostre finalità associative sono rispettate!

16 Luglio 2022 0 comment
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I frutti antichi

LA GIORNATA DELLA BIODIVERSITA’ AGRARIA IN ABRUZZO

by Noi x lucoli 15 Giugno 2022

Abbiamo partecipato in qualità di “agricoltori custodi” alla Giornata Nazionale sulla Biodiversità Agraria organizzata dalla Regione Abruzzo, nell’immagine seguente si evidenziano le tre cultivar protette nel Giardino della Memoria di Lucoli iscritte nel Registro della Biodiversità regionale e nazionale.

Carlo Maggitti – Dirigente del Servizio Promozione delle Filiere e Biodiversità, Regione Abruzzo

Giornata stimolante e di arricchimento dei soci in cui sono stati illustrati i programmi regionali in via di definizione per il piano strategico 2023. L’iniziativa prevedeva anche le GIORNATE DELLA BIODIVERSITA’ AGRARIA E LE COMUNITA’ DEL CIBO  fissate per il 14 e 21 GIUGNO 2022. Abbiamo partecipato alla giornata del 14 Giugno ad Introdacqua illustrando il lavoro che svolgiamo per la conservazione della Biodiversità Appenninica nel Giardino della Memoria di Lucoli. Enzo Sebastiani, nostro socio onorario,  ha raccontato la sua ricerca di una vita delle specie dimenticate e il suo sapiente lavoro di propagatore di semi e specie arboree svolto sia nel Corpo Forestale dello Stato che per la Regione Abruzzo.

Enzo Sebastiani

Eugenio Milonis illustra il progetto dell’onoterapia

Ci siamo sentiti accolti dalla Rete Regionale degli agricoltori ed allevatori custodi che potrà attivare azioni volte a favorire la ricerca, la sperimentazione, la divulgazione, la formazione, la messa in rete delle informazioni utili a favorire la diffusione delle risorse genetiche nelle aziende agricole, in modo da scongiurare l’estinzione e permetterne la coevoluzione con gli elementi dell’agroecosistema (fattori pedoclimatici, fisiologici, microbiologici ed antropici). La Rete potrà inoltre svolgere ogni attività utile a supportare le comunità locali che le coltivano/allevano a tutelare e valorizzare tali risorse, favorendo anche la diffusione delle conoscenze locali ad esse legate.

Per l’Associazione NoiXLucoli è un inizio, impariamo e ci confrontiamo. Ringraziamo la Regione Abruzzo per queste opportunità di confronto offerte.

 

15 Giugno 2022 0 comment
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I frutti antichi

I FRUTTI ANTICHI DI LUCOLI VEGETANO IN UN LUOGO DOVE ABBIAMO VOLUTO “MARCARE I LIMITI DA NON SUPERARE”

by Amministratore 29 Dicembre 2021
Ogni persona vive lungo le invisibili linee dei suoi limiti. Limiti materiali e immaginati, concreti e tangibili, presunti o acquisiti.

 

Gli uomini vivono in realtà dentro le dimensioni del limite, eppure a volte non ne sono consapevoli. L’Umanità ha superato le sue mancanze attraverso lo sviluppo della tecnica, l’uso dell’ingegno, l’invenzione di tecnologie di una complessità indescrivibile. Ma questa potenza creativa l’ha portata ad allontanarsi dalla coscienza di altri confini, quelli del nostro pianeta, dalle cui risorse siamo pienamente dipendenti e che stiamo consumando ed esaurendo.
La Terra, infatti, è un sistema finito, ma lo sfruttamento sconsiderato dell’ambiente che stiamo portando avanti in questo ultimo secolo la sta conducendo verso una progressiva alterazione degli equilibri.

 

I NOVE LIMITI PLANETARI

 

Nel 2009 Johan Rockström, direttore congiunto del Potsdam Institute for Climate Impact Research, ha guidato un gruppo di altri scienziati per identificare i processi che regolano la stabilità e la resilienza del pianeta. Gli esperti hanno individuato nove sistemi che permettono al mondo di funzionare così come noi lo conosciamo, nove “planetary boundaries”, ovvero confini planetari, entro i quali l’umanità può continuare a svilupparsi e prosperare.
Superati questi nove limiti planetari si andrà incontro a quelli che vengono definiti come Punti di Non Ritorno, oltre i quali non sarà più possibile ripristinare l’equilibrio precedente. Il modello, in parole povere, descrive lo stato di salute della Terra attraverso il monitoraggio di alcuni dei processi che stanno alla base della sua vita.
La finalità è quella di fissare le soglie da non superare per garantire un futuro all’umanità.
I tre sistemi di cui, secondo gli scienziati, abbiamo già superato i confini sono il cambiamento climatico conseguente all’aumentata concentrazione di gas serra in atmosfera, la disastrosa perdita di biodiversità e l’alterazione di alcuni cicli biogeochimici, come quello dell’azoto e del fosforo.
A grande velocità verso il raggiungimento delle soglie di non ritorno si dirigono anche gli altri sistemi individuati nel modello: la compromissione del suolo conseguente al suo eccessivo sfruttamento (come la deforestazione, la cementificazione, l’immissione di inquinanti e prodotti chimici…), l’acidificazione degli oceani, il consumo smodato di acqua dolce, la riduzione dello strato di ozono.

 

A Lucoli, nel Giardino della Memoria abbiamo “marcato i limiti” ecologici di ciò che globalmente si perde volendo invece recuperare in biodiversità e in tante buone pratiche connesse ai cicli biogeochimici.

 

Il frutteto dedicato alle vittime del sisma del 2009, SEPPUR CON LA SUA LIMITATA ESTENSIONE, rappresenta un laboratorio di scelte consapevoli e vorrebbe essere un modello.

 

Ci siamo assunti un piccolo pezzo di responsabilità nel non voler superare i limiti del consumo di risorse: la coltivazione delle cultivar recuperate impatta in modo esperenziale su due soglie già superate in termini generali nelle pratiche agricole: perdita di biodiversità e compromissione del ciclo dei nutrienti.

 

Per quanto concerne la perdita di biodiversità stiamo lavorando in un singolo incubatore sperimentale cercando di rigenerare un luogo del territorio: ci prendiamo cura dell’ambiente che lo circonda, abbiamo piantato ottanta cultivar appartenenti a specie antiche del territorio appenninico che preserviamo in qualità di “agricoltori custodi”.

 

Non usiamo concimi chimici, non volendo compromettere i cicli biogeochimici di fosforo e azoto: l’uso di fertilizzanti a base di fosforo, così come quello di concimi azotati, ha avuto come risultato l’inquinamento degli ecosistemi, delle falde acquifere e dei corsi d’acqua in essi inseriti, non siamo interessati a massimizzare le rese e manteniamo un buono stato di salute del suolo.

 

Essere consapevoli dei limiti diventa quindi il primo passo per evitare che l’eccessivo sfruttamento delle risorse della Terra ci conduca verso un futuro incerto e drammatico. 
Qualcuno dirà che questa nostra esperienza non risolve i problemi planetari, ma noi pensiamo che possa illuminare le coscienze e ci stiamo provando a dare l’esempio donando il nostro tempo, le nostre risorse e la nostra passione.
I nostri soci si sforzano, con le loro attività di volontari, di imparare ad intravedere la soglia, di accettarla e di non superarla perché solo così potranno continuare a vivere in un mondo prospero e desiderabile.

 

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mela zitella del Giardino della Memoria
I frutti antichi

“Ab ovo usque ad mala”: DALL’UOVO FINO ALLE MELE LO DICEVANO I ROMANI

by Amministratore 22 Novembre 2021

 

Dalla pianta selvatica alle moderne varietà, il melo ha accompagnato la storia dell’uomo sia come frutto fresco, sia grazie ad alcuni suoi derivati come, per esempio, il sidro e la «apple pie», che è la classica torta di mele americana.Il melo selvatico europeo (Malus sylvestris) è un alberello, spesso cespuglioso, diffuso in tutta Europa, che vegeta ai margini dei boschi e nelle siepi campestri in singoli individui o in piccoli gruppi.Solo raramente riesce a svilupparsi pienamente nella forma arborea: in questi casi può raggiungere una dimensione considerevole, con un’altezza anche superiore ai 10 metri e una longevità di oltre 100 anni. Produce frutti relativamente piccoli (3-4 cm) che a maturità, tra luglio e settembre, sono di colore verde giallastro, duri, aspri e astringenti.Però, se si lasciano sovrammaturare, specie dopo i primi geli autunnali, la loro polpa perde parte dell’astringenza e dell’acidità e diviene dolce e succosa. 

Tutte queste caratteristiche non sfuggirono ai nostri più lontani antenati e così, dai tempi preistorici, il melo ha accompagnato la storia dell’uomo dando vita a diverse usanze e a forti tradizioni nel campo alimentare. 
Le antiche popolazioni europee, dapprima di cacciatori e raccoglitori poi, nel Neolitico (in Europa circa 8-9.000 anni fa), quelle dei primi agricoltori, raccoglievano e consumavano i frutti del melo selvatico insieme a tanti altri frutti polposi, quali quelli di sorbo, corniolo, sambuco e rovo. 
Mentre le popolazioni europee utilizzavano ancora mele selvatiche per produrre il sidro, gli abitanti dell’Asia centrale selezionavano le migliori piante del melo selvatico locale (Malus sieversi). 
A differenza del melo europeo, molto uniforme per le caratteristiche dei frutti sempre relativamente piccoli, duri, aspri e astringenti, i frutti del melo asiatico si distinguono per l’ampia variabilità nella pezzatura (da piccoli a molto grossi), nel colore (da verdi a giallastri e striati di rosso), nell’epoca di maturazione (da luglio a dicembre), nella consistenza della polpa (da succosa a carnosa) e nel sapore, che comunque, rispetto al melo europeo, risulta sempre molto più dolce a maturità. 
Quello che ora coltiviamo come melo domestico è proprio il risultato della selezione iniziata nella preistoria a partire dai migliori meli selvatici dell’Asia centrale dai frutti dolci e molto polposi. Il «significato biologico» dei frutti polposi è quello di favorire la dispersione dei semi in esso contenuti sfruttando l’ingestione da parte degli animali i quali, mangiando il frutto, ne diffondono i semi con le feci.Una ricerca di biologia evolutiva ha recentemente evidenziato come il melo centroasiatico sia co-evoluto con l’orso, quando invece l’evoluzione del melo europeo era avvenuta con il concorso degli ungulati. 
Gli orsi, a differenza di cervi, daini e caprioli, amano infatti il sapore dolce e non hanno difficoltà a ingerire frutti di grosse dimensioni, che anzi prediligono, mentre gli ungulati consumano regolarmente frutti aspri e piccoli, inadatti all’uomo. 
Dall’Asia centrale il melo domestico si è poi diffuso verso Oriente e verso Occidente e arrivò in Persia nel IIΙ secolo a.C., da dove raggiunse la Grecia e quindi l’Italia. 
L’adozione della mela a fine pasto è stigmatizzata dall’espressione latina usata nella Roma imperiale, che poi rappresentava gran parte del mondo allora conosciuto: «ab ovo usque ad mala», ossia «dall’uovo fino alle mele». Oggi diremmo: «dall’antipasto al dolce». 
Quando, attraverso la mediazione romana, le mele domestiche centroasiatiche giunsero in Gallia e in Britannia sul volgere del I secolo a.C., vennero rapidamente introdotte in coltivazione dai contadini di queste regioni celtiche sia per la produzione di frutta da mensa che per la produzione del sidro. 
Rispetto alle mele selvatiche europee, infatti, quelle domestiche centroasiatiche consentivano la produzione di un sidro migliore, tanto per la più elevata pezzatura dei frutti, quanto per la qualità superiore grazie al loro maggiore contenuto in zuccheri e la minore astringenza della polpa. 
I Romani non solo introdussero le mele domestiche nel cuore dell’Europa, ma avviarono anche la coltivazione del melo secondo le tecniche proprie di una frutticoltura molto progredita, in particolare la propagazione per innesto e la potatura, sia di allevamento che di produzione, che loro stessi avevano acquisito in precedenza in Grecia, Siria e Persia. 
La maggior parte delle varietà di melo che troviamo oggi sul mercato sono state costituite nel Nuovo Mondo, specialmente in America e in Nuova Zelanda. Una figura di spicco nella melicoltura americana è quella di John Chapman (1774-1847), detto appleseed «seme di melo», un pioniere la cui «missione» consisteva proprio nel realizzare meleti con piante ottenute da seme quali avamposti della conquista del West, in particolare Ohio, Indiana e Illinois. 
Grazie alla riproduzione per seme, nelle migliaia di ettari piantati da Chapman si manifestò l’enorme variabilità del melo che in Europa non si era mai espressa. Le nuove mele americane giunsero presto anche in Europa, dove furono protagoniste dello sviluppo della frutticoltura nel Dopoguerra. Golden Delicious e Red Delicious (con le sue innumerevoli variazioni clonali: Red Chief, Richared, Starking, Starkrimson, Starkspur, ecc.) furono presto tra le varietà più coltivate anche nelle nostre campagne e così le mele, grazie alla loro versatilità, continuano ad arricchire le tradizioni alimentari soprattutto delle cucine contadine. 
L’estinzione genetica di antiche varietà di melo di origine italiana è dovuta ai grandi circuiti commerciali, sviluppatisi negli anni ’50-‘60, con la conseguenza della perdita di molti genotipi locali e della loro varietà genetica. 
La nostra Associazione sta cercando di ripristinare l’antica coltura di genotipi ormai dimenticati come ad esempio quelli della Limoncella e della Gelata che sono allevati nel Giardino della Memoria di Lucoli insieme ad altre cultivar antiche. Queste specie si adattano meglio agli ambienti locali prevenendo la possibilità di diffondere solo individui geneticamente identici e garantendo un tasso di variabilità più alto. Salvando questi “frutti antichi” è possibile tutelare il patrimonio delle tradizioni locali, proponendo possibili metodiche di controllo delle produzioni ed eventuale diffusione di queste cultivar.

 

Mela Limoncella del Giardino della Memoria

 

22 Novembre 2021 0 comment
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I frutti antichi

IL MELO. Era meglio se Adamo ed Eva mangiavano una bella pera.

by Amministratore 22 Aprile 2020
Forse il Paradiso Terrestre era a Bagdad, forse a Bassora, ma poteva essere perfino nel Kuwait, senza escludere Kabul, visto che si tratta d’interpretare i testi in ebraico e in greco della Bibbia e l’ubicazione del Paradiso è sempre stata oggetto di discussione da parte degli studiosi. Per la verità, prendendo per oro colato qualche traduzione, non ci dovrebbero essere dubbi, nel senso che l’Eden andrebbe ricercato tra i due grandi fiumi Eufrate e Tigri, dove il Signore piantò un grande giardino. “Il Signore – dice l’antico testo – piantò un paradiso nell’Eden, a oriente, e vi mise l’uomo che aveva modellato“. La faccenda del “paradiso” viene fuori dal testo greco (“paradeiesos”) che in realtà vuol dire la stessa cosa del termine ebraico “gan”, e cioè “giardino”, o meglio “parco piantato ad alberi”, mentre “Eden” va interpretato come “pianura”. Quindi si tratta di un parco creato in una pianura a oriente.

In un incredibile numero di storie intriganti c’è sempre di mezzo la mela, e nella mela dobbiamo vedere l’origine di molti nostri guai. (E vien fatto di azzardare, un’ipotesi: che tutto sarebbe stato diverso, che il mondo sarebbe stato migliore, e la nostra vita più semplice, se Adamo ed Eva, quando erano nel giardino orientale, avessero mangiato – anziché la mela – una bella pera, una susina claudia, o magari un fico.)

Mele cotogne del Giardino della Memoria di Lucoli (AQ)

 
Forse tutto deriva dal fatto che la mela è bella tonda. E del resto, gli antichi sovrani romani, convinti di avere come bisavola la dea Venere (la Dea ebbe una breve avventura con l’eroe troiano Anchise, con il quale generò Enea, padre di Ascanio che si chiamava anche Iiulus, e quindi primo della gens Iulia) tenevano in gran conto la mela che era un simbolo di Afrodite insieme agli altri attributi del melograno, della rosa, del mirto. Sovrani di tempi più recenti si facevano raffigurare tenendo con una mano lo scettro e con l’altra un pomo-globo che magari aveva sopra una Croce per far capire che regnavano per “grazia di Dio”.
Quindi la mela è stato sempre un frutto foriero di grossi guai, come ben seppero i Troiani, per il quale il famoso Cavallo fu l’ultimo atto di un dramma che ebbe inizio con la mela di Paride.
La mela è il frutto più dannoso per gli uomini anche perché è l’attributo di Venere, il simbolo della bellezza femminile. E chi dice donna, dice danno. anche perché ce la dobbiamo portare sempre dietro, la mela, essendo per definizione “il pomo di Adamo”.
E poi dobbiamo dire la verità è un frutto che non sa di niente e non può essere certo paragonato, per sapore, a una pesca, un’albicocca, una fragola, un lampone. Per l’85% è costituito di pura acqua. (Si però – dicono i moltissimi che non sono d’accordo – l’altro 15% è costituito da vitamine A. B, C, PP, E, da zucchero e altri elementi nutritivi salutari. E chi ha scritto questo malevolo testo sulla mela non deve mai dimenticare che “An apple a day, keeps the doctor away“. Una mela al giorno leva il medico di torno. Peraltro è anche vero che se Adamo ed Eva avessero mangiato una bella pera, forse non ci sarebbe mai stato bisogno di un medico).
Mele a cipolla – Giardino della Memoria di Lucoli (AQ)

Liberamente tratto dal libro di Giorgio Batini “Le radici delle piante”. Ed. Polistampa

 
22 Aprile 2020 0 comment
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I frutti antichi

TRA LE CULTIVAR CONSERVATE NEL GIARDINO DELLA MEMORIA DI LUCOLI LA MELA LIMONCELLA

by Amministratore 20 Marzo 2020

La Regione Abruzzo ha istituito un apposito elenco tenuto presso il Dipartimento Politiche dello Sviluppo Rurale e della Pesca (DPD) degli agricoltori che facciano domanda di accreditamento. 

L’ambizione di NoiXLucoli Onlus è quella di divenire agricoltori custodi della biodiversità vegetale del territorio aquilano.

 

Esercitiamo nel Giardino della Memoria del Sisma, da dieci anni, un’attività agricola volta alla conservazione di cultivar antiche da pomo a rischio di estinzione o di erosione genetica.
Una delle cultivar che proteggiamo è la Mela Limoncella.
Segue scheda varietale relativa ai tre esemplari coltivati nel Giardino di Lucoli.

 

 

 

 

 

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